Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

Saggi dei Soci e Saggi Ospiti

I Tarocchi: Storia, Arte, Magia

Scelta di immagini dal catalogo

 

Andrea Vitali, dicembre 2006

 

 

Dal catalogo dell’esposizione Tarocchi: Storia, Arte, Magia a cura di A. Vitali (Edizioni Le Tarot, Faenza, 2006) allestita nel 2006 a Vittoriosa (Malta) presso l’Inquisitor’s Palace con il titolo The Cards of Destiny, si riporta l’intero volume  comprensivo di scritti e foto. Per i testi dei paragrafi Il Libro di Thot e Tarocchi e Cartomazia ci siamo avvalsi della collaborazione di Giordano Berti, storico dei tarocchi esoterici. Per una conoscenza dei contenuti delle varie sezioni si veda La Storia dei Tarocchi.



L'ARMONIA CELESTE


L’Universo geocentrico, xilografia attribuita ad Albrecht Dürer (Norimberga 1471-1528), da Hartmann Schedel, Liber Chronicarum, Norimberga, Anton Koberger, 1493.
Nella concezione del cosmo medievale una serie di sfere concentriche si innalzano dalla terra verso il cielo: dopo il Cerchio di Fuoco, dal quale cadono i fuochi celesti della punizione divina - evidenziati nei tarocchi dalla carta della Torre - si trovano i pianeti, il sole e la luna, le fasce zodiacali e le stelle fisse. Il cerchio più esterno, sovrastato dalla Prima Causa, è la sede del Primum Mobile tramite il quale Dio muove l’intero universo. La medesima struttura è riflessa nelle carte dei tarocchi, dalla Torre al Mondo.

 

Il sogno di Giacobbe, acquaforte di Raphaël Sadeler (Anversa 1560 - Monaco c. 1628)
La possibilità data all’uomo di giungere alla contemplazione del Divino è simboleggiata, nella teologia medievale, da una Scala Mistica lungo la quale si incontrano le entità angeliche, intermediari fra Dio e l’Umanità.

 
Trionfo dell’Amore, xilografia da Il Petrarca, Venezia, Nicolo Bevilacqua, 1563.
Fra le forze che governano gli uomini, l’Amore, inteso come Istinto, apre la serie dei Trionfi del Petrarca. Esso viene rappresentato da un Cupido bendato (amore cieco) nell’atto di scagliare i suoi dardi contro uomini e donne che seguono il suo carro. Essi hanno le mani legate dietro la schiena a significare la loro impotenza nei confronti di questa forza.

 

Trionfo della Pudicizia, acquaforte di Philip Galle (Haarlem 1537 - 1612)
Il Trionfo della Pudicizia (Castità, Ragione) prevale sull’Amore (Istinto), ma è vinto dalla inesorabile Morte, secondo l’ordine gerarchico delle principali forze che governano gli uomini nel concetto petrarchesco.

 
Trionfo della Morte, acquaforte di Philip Galle (Haarlem 1537 - 1612)
Nei Trionfi del Petrarca la Morte è vittoriosa sull’Amore (Istinto) e sulla Pudicizia (Castità, Ragione), ma è a sua volta sopraffatta dalla Fama. Il suo carro è trainato da buoi, reminiscenza del toro psicopompo degli antichi egizi. Lo scheletro viene usualmente raffigurato nell’atto di falciare persone di alto rango - re, imperatori, papi, nobili - come nei cosiddetti Tarocchi di Carlo VI del sec. XV.

 
Trionfo della Fama, xilografia da Il Petrarca, Venezia, Nicolo Bevilacqua, 1563.
Scrive il Petrarca che “Si vede la fama delle nostre operazioni, malgrado della morte, restar nella memoria de gli uomini”. In questa incisione la Fama è rappresentata da un Angelo che suona la tromba a significare, come afferma il Ripa, “il grido universale sparso per gl’orecchie de gl’huomini”. Il suo carro è trainato da elefanti, considerati animali di grande intelligenza ed è accompagnato da soldati a cavallo, esplicito riferimento alla gloria militare e al carro trionfale degli antichi consoli e imperatori romani i quali dopo la vittoria si recavano in Campidoglio per ricevere il triumphum. Questa allegoria è posta in relazione con la carta del Carro che nella più antica lista di tarocchi conosciuta attribuita a un monaco dell’inizio del sec. XVI viene definito con l’espressione “Lo caro triomphale vel mundus parvus” (Il carro trionfale ovvero un piccolo mondo), intendendo con ciò che la gloria terrena crea solo effimeri illusioni. Infatti, nell’ordine petrarchesco la Fama soccombe all’inesorabile Tempo.

 

Trionfo di Cesare, acquaforte di Adriaen Collaert (Anversa 1520 - c. 1570)
La settima carta dei tarocchi, il Carro, rimanda a una tradizione romana che vedeva i generali vincitori sfilare pubblicamente sul proprio carro da guerra per essere poi incoronati al Campidoglio con l’alloro, simbolo di gloria imperitura.

 
Trionfo del Tempo, acquaforte di Georg Pençz (Norimberga c. 1500 - Königsberg 1550)
Il Tempo prevale sulla Fama ed è vinto dall’Eternità. Viene raffigurato con le ali a significare il suo trascorre veloce (il tempo vola), con le stampelle per evidenziare la sua vecchiaia e con una clessidra, strumento di misurazione del tempo. Il suo carro è trainato da cervi, animali considerati velocissimi e longevi, ed è accompagnato da bimbi, da adolescenti, da adulti e da uomini anziani, allegoricamente posti in relazione con i propri figli: i secondi, i minuti, le ore, gli anni. Questa versione iconografica del Tempo si riscontra nella carta dell’Eremita dei tarocchi bolognesi e in quello delle minchiate fiorentine.

 
Trionfo della Divinitàxilografia da Il Petrarca, Venezia, Nicolo Bevilacqua, 1563.
In questo Trionfo sono raffigurati Gesù Cristo e il Padre assisi su un carro circondato da santi e da bambini (poiché di essi è il regno dei cieli). Il leone alato che guida il carro è uno degli esseri viventi dell’Apocalisse ed è simbolo e attributo di San Marco. Nel medioevo questo animale rappresentava la Resurrezione perché secondo i Bestiari quando i suoi piccoli nascevano, giacevano come morti per tre giorni e non iniziavano a vivere fino a che il padre non alitava sul loro muso. La carta del Mondo nei tarocchi quattrocenteschi viene raffigurata da un angelo che sovrasta un tondo ove è raffigurato un paesaggio quale rappresentazione del mondo tangibile che Dio in sé contiene. A volte l’angelo è sostituito da una figura femminile recante in mano lo scettro e il globo aureo, simboli del comando. Si tratta della raffigurazione della Gloria o della Fama presentata secondo i canoni iconografici del tempo.

 

Cupido, Venere e Saturno, acquaforte di Antonio Morghen (Firenze 1788 - 1853)
Come nei Trionfi del Petrarca questa allegoria vuole significare che l’amore e la bellezza, rappresentati da Cupido e da Venere, vengono vinti dal Tempo.



LE ALLEGORIE DEI TAROCCHI


Il Giullare, acquaforte di Heinrick Ulrick (Norimberga c. 1572 - 1621).

Il Folle dei tarocchi è raffigurato sia come un giullare sia come un misero viandante. Sull’aspetto sorridente del folle-giullare, quale si ritrova nella maggior parte dei tarocchi antichi, scrive il Ripa, nel suo trattato di iconologia rinascimentale, che “Il riso è facilmente indicio di pazzia, secondo il detto di Salomone; però si vede che gli uomini reputati savi poco ridono e Cristo N.S. che fu vera saviezza, non si legge, che ridesse giammai”.

 

Figura di Folle, xilografia da Biblia Sacra Vulgatae Editionis Sixti Quinti Pont. Max. , Venezia, Damianum Zenarum, 1603.

In questa Bibbia troviamo a illustrare il Salmo 52 la medesima rappresentazione del folle quale si ritrova nelle minchiate di Firenze: un uomo vestito di stracci, circondato da fanciulli e con penne sulla testa (a rappresentare la leggerezza del suo intelletto), cammina a cavallo di un bastone, mentre tiene in mano una girella. Una identica descrizione la fornisce il Ripa nella sua rappresentazione iconografica del folle: “Un uomo di età virile starà ridente e a cavallo sopra una canna, nella destra mano terrà una girella di carta istromento piacevole, e trastullo de fanciulli, li quali con gran studio lo fanno girare al vento”. Dallo stesso autore siamo inoltre informati che “reputandosi saviezza nella città ad un huomo di età matura trattare de reggimenti della famiglia e della Repubblica, Pazzia si dirà ragionevolmente alienarsi da queste attioni, per esercitare giuochi puerili e di nessun momento”.


Allegoria del Bene e del Male, xilografia di Virgil Solis (Norimberga 1514 - 1562)
L’uomo non credente veniva considerato folle e spesso figure di folli appaiono nelle Bibbie del XV e XVI secolo ad illustrare i versi del Salmo 52 “Lo stolto dice nel suo cuore: non esiste Dio!”. L’incisione mostra un folle che ride davanti a un angelo il quale si chiude gli occhi con le mani per non vedere tanta scelleratezza.

 

La Papessa Giovannna, xilografia di Michael Wolgemuth (Norimberga 1434 - 1519) da Hartmann Schedel, Liber Chronicarum, Norimberga, Anton Koberger, 1493. 

Per molto tempo si credette che la figura della Papessa dei tarocchi rappresentasse la misteriosa Papessa Giovanna, donna che sotto mentite spoglie maschili assurse alla carica pontificia dopo la morte di Leone IV (755). Il Platina, prefetto della Biblioteca Vaticana, scrisse che “Giovanni Angelico conseguì con malvagie arti, (come vogliono) il Pontificato. Percioche essendo donna, diede à credere, ch’egli fusse huomo” (Vita de’ Pontefici, Venezia, 1666). Secondo la leggenda venne scoperta quando partorì un figlio, subito lapidato dal popolo. Da questo evento si fa risalire la sedia “stercoraria”. Scrive sempre il Platina che “per non cadere nel medesimo errore, ogni volta che si crea il Pontefice, si fa sedere in una sedia aperta di sotto, perché l’ultimo Diacono, toccandolo veda che egli sia maschio”.

 

Lex Canonica, acquaforte di Sébastien Le Clerc (Metz 1637 - Parigi 1714) e Jean Audran (Lione 1667 - Parigi 1756)

Nei Tarocchi Colleoni-Baglioni (Visconti-Sforza) del sec. XV, la Papessa appare avvolta in abito monacale, nell’atto di sorreggere con la mano destra l’asta cruciata e recante nella sinistra il Libro della Sapienza (la Bibbia o i Vangeli). Sulla testa porta il tipico Triregno. I precedenti iconografici di questa immagine vanno ricercati tra le personificazioni delle più alte virtù morali e religiose, come ritroviamo nella Fides dipinta a monocromo da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova. La Fede si presenta in forma ieratica e con i simboli della sua mansione: impugna con la destra una croce astile e con la sinistra un cartiglio, nel quale spiccano le prime affermazioni del Credo niceno-costantinopolitano. La presenza della Fede nell’ordine dei Trionfi è in perfetta sintonia con la visione religiosa cristiana medievale della Scala Mistica, quale mezzo per giungere alla contemplazione del Divino. In questa incisione la Lex Canonica porta sulla testa il tipico triregno e tiene nelle mani le chiavi e le spade a significare il diritto di legare-serrare e di sciogliere, prerogativa del diritto canonico.

 

Papa in trono, xilografia di Michael Wolgemuth (Norimberga 1434 - 1519), da Hartmann Schedel, Liber Chronicarum, Norimberga, Anton Koberger, 1493. 

Nelle carte dei tarocchi l’iconografia del Papa rispecchia una versione classica riscontrabile nell’arte religiosa e profana del medioevo e del rinascimento: seduto in trono, con in mano il triregno, nell’atto di sfogliare un libro (tipico attributo papale) e portando con sé  le chiavi che indicano la sua discendenza da San Pietro.

 

Sansone e il leone, xilografia di Virgil Solis (Norimberga 1514 - 1562).

Nella carta della Forza una fanciulla disarmata blocca le fauci di un leone. La radice iconografica si riscontra nella narrazione biblica di Sansone che sostenuto dal Signore squartò il leone di Tamna a mani nude (Giudici 14, 6). Questa vicenda venne interpretata dal cristianesimo medievale in senso morale, come vittoria della fede razionale sugli istinti. L’opposizione fra il leone, immagine della forza bruta, e la vergine simboleggiante la forza spirituale, si trasforma nella vittoria dello spirito sulla materia.

 

Fortitudo, acquaforte di Jacob Matham (Haarlem 1571 - 1631).

La Fortitudo è virtù cristiana vittoriosa sull’istinto brutale e false divinità. È tipica nei tarocchi la personificazione della Forza / Fortezza in una donna recante una colonna spezzata, collegandosi con ciò alla vicenda di Sansone, distruttore del tempio del dio Dagon (Giudici, 16, 29)

 

La Giustizia, acquaforte di Jacob Andreas Friedrich (Germania 1683 - 1751).

La Giustizia è raffigurata nei tarocchi secondo la sua più usuale iconografia: nella mano destra reca la spada in posizione retta, senza che si pieghi mai da un lato né dall’altro, a difesa dei giusti e nella sinistra porta una bilancia, necessaria per pesare il valore da attribuire a ciascuna azione.

 

La Ruota della Fortuna, xilografia attribuita ad Albrecht Dürer (Norimberga 1471 - 1528) da Sebastian Brant, Das Narrenschiff, Basilea, Johann Bergmann von Olpe, 1494.
L’allegoria della Fortuna è raffigurata generalmente da quattro personaggi in equilibrio instabile su una ruota. Essi rappresentano la precarietà della condizione umana spiegata dai motti “regno, regnavi, sum sine regno, regnabo” cioè “sto regnando, ho regnato, sono senza regno, regnerò” scritti su cartigli che connotano ciascun personaggio. Questa Ruota della Fortuna composta da soli animali, riflette il tema dominante dell’opera che è quello del peccato e dell’umanità come massa dannata, sulla quale regna ancora una natura bestiale: il mondo è sede della follia peccaminosa che ha in massimo dispregio la virtù.

 

Fortuna, acquaforte di Jean  Baptiste Boudard (Parigi 1710 - Sala Baganza 1768) da Iconologie, Parma, Philippe Carmignani, 1759.

In alcune rare carte di tarocchi la Fortuna è raffigurata con un piede sopra una palla e con in mano una cornucopia, simbolo di abbondanza. La precaria posizione sulla palla denota l’equilibrio instabile della Dea.

 

Giuochi di Fortuna, acquaforte di Giovan Battista Bonacina (Milano - Roma, attivo 1631 - 1659).

In questa immagine il Tempo, rappresentato come Saturno, è raffigurato mentre gioca a dadi con la dea Fortuna, la cui capigliatura ricorda il detto “prendere la fortuna per i capelli”. La posta in gioco è il Mondo.

 

Giuda suicida, acquaforte di Philipp Gottfred Harder (Baviera 1710 - 1749)
Nella carta dell’Appeso dei cosiddetti quattrocenteschi Tarocchi di Carlo VI venne rappresentato Giuda che tradì il Signore per ricavarne trenta denari. In origine questo personaggio venne infatti definito con il termine Traditore e nel sec. XVI i vari ordini di tarocchi lo definiscono in questo modo oltre a Impichato o Penduto. Nell’affresco dell’Inferno di Giovanni da Modena presente presso la Cappella Bolognini in San Petronio a Bologna (1410), si trova l’immagine di un uomo appeso simile in tutto alla figura dell’omonima carta dei tarocchi. Da numerosi documenti e testimonianze sappiamo che l’essere appesi a testa in giù per un piede era la pena che veniva inflitta nel medioevo a coloro che tradivano.

 

La Temperanza, xilografia di Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino (Arpino 1568 - Roma 1640) da Iconologia di Cesare Ripa, Venezia, Nicolò Pezzana, 1669.

Nell’ordine dei tarocchi del cinquecentesco Sermo perutilis de Ludo (Sermone utilissimo sul Gioco) la Temperanza è giustamente posta vicino all’Amore in quanto virtù che insegna a moderare gli istinti. Questa virtù viene generalmente rappresentata nei tarocchi miniati quattrocenteschi nella sua versione più diffusa, cioè da una fanciulla nell’atto di versare acqua da una brocca in un’altra contenente vino, col significato di mitigare, smorzare ciò che è eccessivamente eccitabile. Esprime quindi la necessità di dominare certi istinti che attraverso questa virtù vengono equilibrati. Nell’incisione la Temperanza viene raffigurata da una fanciulla che reca in mano un morso dall’evidente funzione simbolica di frenare gli ardori, e da un elefante, simbolo anch’esso di un essere temperante, come afferma il Ripa “perche essendo assuefatto da una certa quantita di cibo non vuol mai passare il solito, prendendo solo tanto, quanto èsua usanza per cibarsi”.

 

El fuego ÿ l’amor, acquaforte  di Daniel Van den Bremden (Anversa 1587 – c. 1650) da Jacob Cats, Spiegel vanden Ouden ende Nieuvven Tijdt , Dordrecht, Isaac Burchoorn, 1632.

Questa allegoria è messa in relazione con la Temperanza in quanto virtù in grado di placare con la sua acqua gli effetti causati dal fuoco delle passioni. Sul fondo, l’incontro amoroso fra un uomo e una donna esprime visivamente la conseguenza dell’effetto del fuoco con cui la donna riscalda il proprio sesso davanti a un caminetto.

 

Il Giudizio Universale e l’Inferno, acquaforte di Carlo Lasinio (Treviso 1759 - Pisa 1838)
Questa incisione mostra parallelismi iconografici con la carta del Giudizio, del Diavolo e dell’Appeso dei tarocchi. La carta del Giudizio rispecchia l’iconografia usuale del Giudizio Universale così come lo descrive Matteo: “Le tombe si apriranno e molti corpi di santi che vi riposano resusciteranno” (27,52). In alcune immagini lo schema è arricchito da schiere di beati e di dannati, mentre in cielo appare Dio Padre con i santi accanto ad angeli musicanti. A volte è raffigurato solo l’Arcangelo Michele con la bilancia nel suo compito di valutare le azioni dei resuscitati. Nei Tarocchini di Bologna è raffigurato un solo angelo musicante, mentre nelle Minchiate di Firenze lo stesso angelo vola sopra una città connotato a volte dalla scritta Fama Volat. Le pene infernali sono comminate secondo la legge dantesca del contrappasso: troviamo ad esempio che i traditori sono appesi capovolti, secondo l’usanza del tempo. Il Diavolo, la cui carta è l’unica non sopravvissuta nei tarocchi miniati quattrocenteschi, è raffigurato solitamente nelle carte dei secoli seguenti secondo l’iconografia classica che ne identifica la natura bestiale: ali di pipistrello, zampe di falcone o caprine e a volte anche nel suo aspetto gastrocefalo, come in questa incisione, a significare lo spostamento del luogo intellettivo sull’addome, ossia posto al servizio degli appetiti più bassi oltre la sua ingordigia nel divorare le anime.

 

Loth est enyuré par les filles, xilografia di Guillaume Le Be’ (Troyes 1524 - Parigi 1598), da Figures des Histoires de la Saincte Bible, Parigi, Guillaume Le Be’, 1666.

La carta della Torre nel rinascimento venne chiamata con vari nomi: se nel Sermo de Ludo appare some Sagitta, altri autori fra cui il Garzoni, il Piscina, il Pomeran e Teofilo Folengo la definiscono II fuoco. Ma fu anche nominata La casa del diavolo a Ferrara e La casa di Plutone oppure solamente La casa dall’Aretino. Venne chiamata inoltre La casa del dannatoInferno e Cieli. Tutti questi termini non sono fra loro contraddittori, ma significativi della allegoria rappresentata, cioè la distruzione di una casa attraverso fuochi o fulmini che, secondo la concezione cosmologica del tempo, erano ritenuti provenire dalla Sphaera Ignis, sfera o cerchio di fuoco creduta trovarsi sopra la Terr attraverso la quale Dio manifestava la propria volontà punitiva. La caduta di fuochi celesti provenienti dalla Sphaera Ignis viene qui rappresentata dall’episodio biblico di Loth e le figlie dove Sodoma viene distrutta dall’ira divina.


La distruzione di Troia, incisione su metallo del Maestro del Virgilio di Grüninger, (sec. XVI) da Aeneidos, Lione, Jac Saccon, 1507.

L’immagine di una torre colpita da un fulmine divino con uomini che cadono dalla sua sommità, si riscontra nella omonima carta degli antichi Tarocchi Bolognesi e nei classici Tarocchi di Marsiglia.

 

Spes Jobi, acquaforte di Catharina Klauber (Amburgo sec. XVIII)

Agli inizi del Cinquecento l’iconografia di alcuni Trionfi subì diverse modifiche, come nella carta della Torre, chiamata anche Casa del Diavolo e Casa di Dio. Nel Foglio Cary del sec. XVI alla base di una torre appare la testa di una mucca e nel Tarocco Vieville (sec. XVII) la torre è sostituita da un albero con un pastore e un gregge, mentre dal cielo cadono delle palle, come nel foglio Cary, a rappresentare in forma stilizzata i fuochi e le pietre della distruzione, quali si ritrovano nell’opera di Luca di Leida Loth e le figlie. L’opera di distruzione causata dai fuochi celesti viene qui raffigurata dal passo biblico della casa di Giobbe distrutta dal Diavolo, il quale cercò con questa azione di tentare la fede di Giobbe verso il suo Creatore. È scritto infatti nella Bibbia: “II fuoco di Dio è caduto dal cielo, ha bruciato le greggi e ha divorato i servi” (Giobbe 1, 16); “I tuoi figli e le tue figlie stavano pranzando e bevendo vino in casa del loro fratello maggiore, quand’ecco un gran vento arrivò dalla parte del deserto e colpì i quattro spigoli della casa, che è caduta sui giovani, uccidendoli” (Giobbe 1, 18). Una raffigurazione di questo passo biblico è stata dipinta da Bartolo di Fredi nel 1367 nella Collegiata di San Gimignano. L’affresco mostra una casa merlata il cui tetto rovina all’interno uccidendo i suoi abitanti. Uno di questi è raffigurato nell’atto di fuggire all’aperto, secondo un’iconografia che si riscontra nelle minchiate di Firenze. Sopra la casa appare un diavolo che suona una tromba. Sotto l’affresco appare la seguente descrizione “Come el demonio nabissò casamenti ne quali erano phigliuoli et phigliuole et li beni di Giobbe”. In questo passo biblico l’ispiratore del male è Satana. Il senso del dolore che deriva da questa prova è che esso è sacro in quanto la sua esistenza è necessaria al fine di provare la fedeltà dell’uomo verso Dio. In tutte queste cose, Giobbe non peccò, né attribuì stoltezza a Dio. “Nudo sono uscito dal seno di mia madre e nudo vi farò ritorno! Jahvè ha dato e Jahvé ha tolto: il nome di Jahvè sia benedetto” (Giobbe 1, 21-22). Dio aveva permesso la prova proposta da Satana sicuro che Giobbe l’avrebbe superata. Il racconto biblico vuole insegnare che Dio può permettere che tutti gli uomini vengano colpiti e oppressi. Con le parole del Pater Noster “Non ci indurre in tentazione” noi chiediamo a Dio di non dover sottostare alle tentazioni, le quali sono di due nature, quelle che spingono al male perché si presentano sotto piacevole veste, e quelle che possono far dubitare di Dio perché arrecano dolore. Pur nella tragedia e nelle tentazioni è data agli uomini la possibilità di scelta. I termini attribuiti a questa carta, cioè Casa del Diavolo e successivamente Casa di Dio trovano una loro spiegazione alla luce di quanto esposto: la casa di coloro che nel dolore manterranno la fede sarà protetta da Dio, la casa di quelli che invece rinnegheranno il Creatore diventerà preda del demonio, secondo quanto espresso nei Proverbi “La casa degli empi sarà distrutta, ma la dimora dei giusti germoglierà”.

 

Maison de Dieu, da Le plaisant jeu du dodechedron de Fortune di Jean de Meun, (Seconda metà sec. XIII), Lione, François Didier,1564.

In questo libro di sorte, attribuito all’alchimista Jean de Meun, autore del Roman de la Rose, i responsi sono basati sulle dodici case astrologiche. La nona casa, cioè la Maison de Dieu (Casa di Dio), termine attribuito alla carta della Torre nel rinascimento, fra gli altri significati esprime “prodigi, nuovi segni e punizioni divine che sovente mettono in pena”.

 

I Re Magi, acquaforte di Georg Daniel Heümann (Norimberga 1691 - 1759).

Nella carta delle Stelle dei Tarocchi miniati quattrocenteschi Colleoni-Baglioni è raffigurata una fanciulla che tiene in alto una stella con la mano, mentre in quelli di Carlo VI e di Ercole I d’Este appaiono due astrologi nell’atto di scrutare il cielo. Un solo astrologo appare nella carta Vieville del sec. XVII. I Re Magi appaiono nella carta della collezione Rothschild e nel Tarocchino Bolognese raffigurati nell’atto di sorreggere la corona del Cristo. Uno di essi, recante in mano il vaso del dono, è a cavallo nelle minchiate fiorentine. Tutte le Stelle presenti in queste carte hanno otto punte, numero che nella mistica cristiana esprime completezza di vita.


San Cristoforo, xilografia di Heinrich Steiner (Attivo in Amburgo 1510 - 1540).

La Luna viene rappresentata nei cosiddetti Tarocchi di Carlo VI e in quelli di Ercole I d’Este quale astro oggetto di studi da parte di uno o più astrologi. Nei Tarocchi Colleoni-Baglioni troviamo una fanciulla che tiene in mano l’astro crescente secondo una tipologia riscontrabile in altre carte, come ad esempio in quella delle Stelle dello stesso mazzo e nella carta dei Tarocchi di Bartolomeo Colleoni. In San Petronio a Bologna e nella Basilica di San Clemente a Roma, un affresco raffigura San Cristoforo nell’atto di traghettare il fanciullo Gesù che tiene in mano una luna piena, quale novella di luce secondo il detto di Sant’Ambrogio Ergo annunziavit luna misterium Christi”.

 

L’Incostanza, xilografia di Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino (Arpino 1568 - Roma1640) da Cesare Ripa, Iconologia, Venezia, Nicolò Pezzana, 1669.

Nella carta della Luna del cinquecentesco Foglio Cary troviamo un’immagine completamente mutata rispetto all’iconografia presente nelle carte quattrocentesche: l’astro sovrasta con i suoi raggi un paesaggio metà acquatico e metà terrestre. Nell’acqua è posto un gambero o cancro, mentre sul terreno collinoso due costruzioni sono posizionate una di fronte all’altra. Il Cancro è sede zodiacale della luna, ma anche animale simbolo dell’Incostanza come descritta nel trattato Iconologia di Cesare Ripa, raffigurata da una “Donna che passi co’ piedi sopra un Granchio grande, fatto come quello, che si dipinge nel Zodiaco; sia vestita di color torchino, e in mano tenga la luna. Il granchio è animale, che cammina inanzi, e indietro, con eguale dispositione, come fanno quelli che essendo irresoluti, or lodono la contemplazione, hora l’attione, hora la guerra, hora la pace...La Luna, medesimamente, è mutabilissima, per quanto ne giudicano gli occhi nostri; pero si dice, che lo stolto si cangia come la luna, che non sta mai un’hora nel medesimo modo...”.

 

Giove e Callisto, acquaforte di Giacomo Frey (Hocdorf 1681 - Roma 1752) 
Tra gli innumerevoli amori di Giove va ricordato quello per Callisto, una ninfa del seguito di Diana, che essendosi attardata in un bosco, fu avvicinata da Giove in sembianza di Diana, il quale approfittò di lei. Nell’incisione appaiono anche due cani, animali sacri a Diana, uno bianco e uno nero, come si possono vedere nella carta della Luna a iniziare dal sec. XVII. Essi rappresentano qualità lunari e il loro colore sta a significare che gli influssi della Luna sono costanti sia di notte che di giorno, anche quando il suo disco non appare ai mortali.

 

Iside Pharia, xilografia da Vincenzo Cartari, Imagines Deorum qui ab Antiquis colebantur, Lione, Barptolemaeum Honorati, 1581.

L’incisione mostra Iside che tiene in mano una barca. Si tratta di Iside Pharia, cioè portatrice di luce, sia in quanto Luna sia per le prerogative del suo rito misterico il Navigio d’Iside, che comportava da parte dei suoi adepti un viaggio per mare verso un faro di porto, evidente simbolo di illuminazione interiore. Come afferma il Cartari “Iside, cioè la Luna, è sempre faro ai naviganti, anche nelle sue fasi crescenti e calanti”. Nella omonima carta queste qualità sono rappresentate da due fari posti lateralmente sotto il disco della Luna piena.

 

In Iuventam, xilografia da Andrea Alciati, Emblemata, Parma, Pietro Paolo Tozzi, 1621.
Nella carta miniata dei Trionfi di Francesco Sforza, il Sole viene rappresentato come un fanciullo alato con in mano l’astro splendente. Si tratta del Genio del Sole, quale appare nella carta dell’Iliaco nella Serie E dei cosiddetti Tarocchi del Mantegna. Nella carta dei Tarocchi di Ercole I d’Este è rappresentato Diogene seduto all’interno della propria botte nell’atto di dialogare con il giovane Alessandro Magno. L’immagine si riferisce all’insegnamento biblico citato nell’Ecclesiaste (1, 12 - 17) e cioè che tutto ciò che avviene sotto il sole è vanità, anche il pensiero dei sapienti (2,12 - 7). Nel Foglio Cary del sec. XVI appare una variante iconografica: il Foglio è mutilo proprio in questa carta, ma sufficiente per illustrarci quella che fu un’iconografia che si stabilizzerà nei tarocchi successivi, cioè la presenza di due fanciulli sotto il disco del sole. Questa presenza deve essere messa in relazione con il concetto di sole sempre giovane che avevano gli antichi. Infatti, essi raffigurarono assieme Apollo e Bacco fanciulli, quali emblemi del sole e della sua giovinezza. Bacco era infatti considerato “il medesimo, che il Sole”. “Questo (il Sole) fecero gli antichi giovine in viso senza barba, onde volendo l’Alciato ne’ suoi emblemi porre la giovinezza, dipinse Apollo e Bacco, come a questi due più, che a gli altri, sia tocco di essere giovani sempre, onde Tibullo dice che Bacco e Febo eternamente Giovani sono, e hanno il capo armato ambi di bella chioma risplendente”. (Vincenzo Cartari Imagini de gli Dei de gli Antichi). La xilografia dell’emblema C. “In Iuventam” nell’opera dell’Alciati mostra assieme i due fanciulli Apollo e Bacco, i quali appaiono nella carta dei tarocchi unitamente al Sole centrale, esprimendo la forma trinitaria dell’astro: Sole che nasce, Sole di mezzogiorno e Sole che tramonta, secondo un’iconografia già presente nel culto del Dio Mitra anch’esso circondato da due fanciulli. Si tratta di Caute e Cautopate, due tedofori cioè portatori di torcia, quali si trovano nelle rappresentazioni complete del Dio.

 

La Gerusalemme Celeste, acquaforte di Adriaen Collaert (Anversa 1520 – c.1570)
La carta del Mondo nei tarocchi Colleoni -Baglioni mostra la Gerusalemme Celeste posta all’interno di un tondo sorretto da due angeli putti. Tale raffigurazione è conforme alla spiegazione che appare nella prima lista di tarocchi conosciuta, il Sermo de Ludo: “El mondo cioè Dio Padre”. La discesa sulla terra della Gerusalemme Celeste è citata nell’Apocalisse di Giovanni come uno dei momenti finali della storia dell’umanità.

 

Cristo in Maestà, xilografia di Michael Wolgemuth (Norimberga 1434 - 1519) da Hartmann Schedel, Liber Chronicarum, Norimberga, Anton Koberger, 1493.
La ghirlanda che avvolge la figura femminile (Anima Mundi) nella carta del Mondo dei tarocchi fin dal sec. XVI deriva direttamente dalle rappresentazioni medievali del Cristo Pantocratore, circondato a volte da una mandorla di luce o da schiere di Angeli o di Santi, ai quali si aggiungono i quattro Evangelisti in forma animale (Tetramorfo).

 

Imagines Sanctae Mariae Virginis, acquaforte di Anonimo (sec. XVII).

L’Anima Mundi, come raffigurata nella carta del Mondo dal sec. XVI, è posta al centro di una mandorla, simbolo che appare nelle numerose rappresentazioni della Vergine in Gloria e del Cristo Pantokrator. Essa rappresenta l’interiorità nascosta dall’esteriorità, racchiudendo con ciò il mistero dell’illuminazione interiore. In questa particolare incisione la mandorla viene simbolicamente sostituita da un utero materno a significare che la natura divina del Cristo era celata nella sua natura umana.

 

Pandora, acquaforte di Bernard Picard (Parigi 1673 - Amsterdam 1734) da La Barre De Beaumarchais, Le Temple des Muses, Amsterdam, Zacharie Chatelain, 1733.
Alcuni storici hanno visto nella figura femminile presente nella carta del Mondo la rappresentazione dell’eterno femminino, a cui ben si connette il mito di Pandora qui rappresentata al centro di una mandorla composta da figure maschili. Quando Zeus si sdegnò contro Prometeo che aveva formato l’uomo, diede a Efesto l’ordine di creare una donna. Questi la formò con terra e acqua. Atena le diede attitudine ai lavori donneschi, Afrodite la bellezza e Ermes l’astuzia. Questa donna, avendo avuto doni da tutti gli Dei fu chiamata Pandora. Ermes la condusse da Epimeteo, fratello di Prometeo, il quale, nonostante l’avvertimento di suo fratello, se ne invaghì. Allora finì la vita beata degli uomini. Pandora aveva ricevuto da Zeus un vaso che conteneva tutti i mali: ella lo scoperchiò e questi ne uscirono. In fondo al vaso rimase sola la speranza.

 
La visione di Ezechiele, acquaforte di Nicolas Lermessin (Parigi 1632 - 1694).

Raffigurazione del Tetramorfo, cioè dei quattro Evangelisti nei loro attributi in forma animale, come ritroviamo nella carta del Mondo a iniziare dal sec. XVI.



IL DIVINO ERMETE


L’alchimista in meditazione
, acquaforte di Victor André Texier (La Rochelle 1777 - Parigi 1864)

L’Alchimia è considerata una delle scienze ermetiche più eccellenti: attraverso la ricerca della trasmutazione dei vili metalli in oro, l’alchimista tendeva a scoprire il segreto dell’Anima Divina impressa in ogni elemento.


La coltivazione della Conoscenza, acquaforte di Anonimo (sec. XVII).

Questa complessa allegoria ermetica rappresenta i lavori necessari per acquisire la Conoscenza. Da una parte i lavori di coltivazione e di ricerca dei beni interiori all’insegna della Carità rappresentata dalla fenice, uccello che nutre i suoi piccoli con le proprie carni. Al centro, il Tempo, raffigurato da Saturno, impone all’Intelligenza, ovvero a Mercurio, di scavare una buca per piantare stabilmente ciò che è stato coltivato: l’Albero della Conoscenza. La parte sinistra riporta i simboli dell’Opera conclusa. In basso l’Ouroboros; più in alto il delfino con l’anello; il gallo (l’intelligenza) sulla tromba della Gloria; nella parte superiore la fenice che spicca il volo con la prole.


Les Danaiades, acquaforte di Bernard Picard (Parigi 1673 - Amsterdam 1734) da La Barre De Beaumarchais, Le Temple des Muses, Amsterdam, chez Z. Chatelain, 1733.
Un cambiamento sostanziale nell’iconografia della carta delle Stelle si ritrova a partire dal sec. XVI nel foglio Cary: una fanciulla nuda è rappresentata inginocchiata nell’atto di versare il liquido contenuto in due brocche in un corso d’acqua sottostante. Sopra di lei, nel cielo, appare una grande stella ad otto punte con quattro altre piccole stelle poste a due a due ai suoi lati. Si tratta di una Naiade, ninfa dei fiumi raffigurata come usualmente descritta nei testi di iconologia del sec. XVI. Una sua splendida raffigurazione si trova dipinta nella Camera di Psiche di Palazzo Te a Mantova (Scuola di Giulio Romano). Le danaidi o naiadi furono assunte quale allegoria della purezza, in quanto ninfe che presiedevano alle pure acque sorgive. Esse furono messe in relazione, secondo il pensiero neoplatonico espresso da Porfirio nella sua opera De Antro Nympharum – testo che ebbe una grande risonanza per tutto il medioevo - con la purezza delle anime che scendono nella generazione e con il corpo stesso formato. La stretta relazione dell’anima con il cielo, punto di origine e di ritorno dell’anima, fu credenza generale della Phisologia Ionica (V-VI secolo d.C.), ma assunse la sua conformazione decisiva a partire dai miti di Platone descritti nel Fedro e nel Timeo. Il rapporto acqua-vita si riscontra anche nella mistica cristiana. Sulla spalla destra della Naiade, rappresentata nel foglio Cary, appare una piccola stella a otto punte, identica a quella raffigurata in cielo. Una medesima stella appare spesso sul manto della Vergine Maria a significare pienezza e purezza di vita (Stella Maris). Questo numero, indicante completezza di vita, è messo anche in relazione all’ottavo giorno dall’inizio della Creazione, momento in cui l’universo prese vita nella sua totalità, dopo il riposo di Dio nel settimo giorno. I battisteri cristiani sono ottagonali, numero indicante la pienezza di vita che si ottiene attraverso l’acqua del Battesimo.

 

Il Mondo, xilografia dipinta a mascherina da un mazzo di Tarocchi LombardiFerdinando Gumppenberg, Milano, c. 1830.

Nella carta del Mondo di un tarocco italiano del sec. XVI, ora al Museo del Castello Sforzesco di Milano, troviamo quella variante iconografica stabilizzatasi successivamente nei tarocchi: una fanciulla è raffigurata all’interno di una mandorla, circondata dalle figure in forma animale dei quattro evangelisti (Tetramorfo). Si tratta dell’Anima Mundi, rappresentata già da una figura femminile nel manoscritto latino Clavis Physicae composto da Onorio di Autun nel sec. XII (Biblioteca Nazionale, Parigi). Questo insieme di disegni e di schemi rappresenta “una delle più perfette espressioni dell’attività immaginativa degli uomini del secolo XII e nel contempo la traduzione fedele di una rappresentazione del mondo legata al sistema platonico, o platonizzato, come l’avevano interpretato i padri greci e il loro discepolo del sec. IX Giovanni Scoto”. Abelardo vedrà nello Spirito Santo l’anima del mondo, l’Anima Mundi della quale parlano anche i monaci di Chartres. Guglielmo di Conches, glossando il Timeo (34 c-35 c) afferma che l’anima del mondo è uno spirito o una forza naturale inerente alle cose, che conferisce loro il movimento e la vita. Essa è interamente e integralmente in ogni cosa, ma la sua potenza si esercita diversamente. Essa, posta nel mezzo dell’Universo, dà il movimento agli astri, la vegetazione agli alberi e alle piante, la sensibilità agli animali, la ragione agli uomini. Nella sopra citata carta del Mondo, appaiono ai quattro lati della mandorla gli Evangelisti in forma animale (Tetramorfo), come descritti nell’Apocalisse di San Giovanni e quali appaiono nelle visioni del Cristo Pantokrator. Francesco Piscina, che scrisse nel 1565 un famoso trattato dal titolo Discorso sopra l’ordine delle figure de Tarocchi, a proposito di questa carta scrive “Hora la figura del mondo in mezo questi quattro Santi Evangelisti l’Autore ha posto, per insegnarci che il mondo non può star senza religione, i precetti della quale hanno scritto questi Santissimi Evangelisti, essendo ella il principal fondamento della quiete e conservatione de stati e della felicità de popoli, e senza la quale - si come gia habbiamo in molti luoghi accennato - noi non potremmo salvar l’anima nostra, nata solo per servir al Grandissimo Signore Dio Nostro”.

 

 

IL GIOCO DEI TAROCCHI


Nobili al gioco delle carte
, acquaforte di Bartolomeo Crivellari (Venezia 1725 – 1777) da Gianpietro Zanotti, Le pitture di Pellegrino Tibaldi e di Nicolò Abbati, Venezia, Giambattista Pasquali, 1756.

In Palazzo Poggi a Bologna alcuni affreschi eseguiti da Niccolò dell’Abbate (1512-1571) raffigurano uomini e donne intenti a diversi passatempi. Uno di questi li mostra mentre giocano a carte: sono facilmente riconoscibili il Sei di Denari, il Sei di Spade e il Quattro di Bastoni.


Fallo, acquaforte da Michael Angelus Causeus, Romanum Museum sive Thesaurus Eruditae Antiquitatis, Vol. II, Roma, Fausti Amidei, 1746.

Il termine fiorentino Minchiata, che significa cosa di poco conto (bazzecola, quisquiglia, stupidaggine), deriva dal latino Mentula, il pene. In italiano e in numerosi dialetti le stupidaggini, intese come cose senza valore, fra cui il gioco delle carte, vengono rese con termini derivati dai nomi dell’organo sessuale maschile.


Tarocchino di Bologna, xilografie dipinte a mascherina, Bologna, Al Leone di Francesco Berti, 1770.

Il Tarocchino Bolognese è un mazzo di 62 carte ispirate iconograficamente a modelli rinascimentali. Il primo documento conosciuto riguardante la produzione di tarocchi a Bologna risale al 1442 quando a un merciaio di nome Burdochi venne commissionato un paio di carte di trionfi dagli Este di Ferrara. Nel Cinquecento, per facilitare il gioco, il mazzo fu ridotto a 62 carte mediante l’esclusione di quattro carte per ciascun seme (dal 2 al 5). La sostituzione dei cosiddetti Papi (Papessa, Papa, Imperatrice e Imperatore) con quattro Moretti avvenne nel 1725 in seguito a tensioni con il Governo Pontificio, contrario alla presenza della Papessa e del Papa in un gioco considerato d’azzardo.


Minchiate fiorentine 2, acqueforti dipinte a mano. Firenze, Etruria, fra il 1801 e il 1807.
Le Minchiate apparvero a Firenze nel sec. XV. Il mazzo comprende le 78 carte tradizionali a cui si aggiungono altri 20 Trionfi: la Prudenza, le tre virtù Teologali, i quattro elementi e i 12 segni dello zodiaco. Dal punto di vista iconografico le varianti più rilevanti consistono nel fatto che la Papessa non compare, mentre l’Imperatrice, l'Imperatore e il Papa sono diventati rispettivamente il Granduca, l’Imperatore d’Occidente e l’Imperatore d’Oriente. Nelle carte di corte i cavalieri sono rappresentati da centauri e da mostri, mentre i fanti di coppe e di denari da personaggi femminili detti ‘fantine’.

 

Minchiate Fiorentine, xilografie dipinte a mascherina, Bologna, Al Soldato, metà sec. XVIII.


Minchiate fiorentine neoclassiche, acqueforti dipinte a mascherina. Firenze? c. 1820.


Tarocco Lombardo, xilografie dipinte a mascherina. Bologna, Al Mondo di David e Fratelli, c. 1780.

Le carte trionfali apparvero a Milano presso la corte dei Visconti-Sforza nel sec. XV. Si tratta di carte miniate attribuite a celebri artisti, come Bonifacio Bembo, Antonio Cicognara, gli Zavattari. Dal Cinquecento, l’iconografia di queste carte subì una profonda trasformazione dettata da stilemi riscontrabili nel Foglio Cary del sec. XVI. Dalla Lombardia questo modello si irradiò nel territorio francese, determinando la tipologia del cosiddetto Tarocco di Marsiglia.


Tarocco Milanese, xilografie dipinte a mascherina. Milano, Ferdinando Gumppenberg, 1825.


Tarocco Milanese, xilografie dipinte a mascherina. Milano, Ferdinando Gumppenberg, c. 1840.


Tarocco Milanese, xilografie dipinte a mascherina. Milano, Edoardo Dotti, c. 1860.


Tarocco Piemontese, xilografie dipinte a mascherina. Torino, Marengo, c.1860.
I tarocchi giunsero in Piemonte dalla vicina Emilia. Il primo documento noto si deve al carmagnolese Francesco Piscina che nel 1565 scrisse il Discorso sopra l’ordine delle figure de Tarocchi. Riguardo la produzione, nell’editto del 1586 emanato dal duca Carlo Emanuele I si legge che fu Giovanni Battista Ferrofino a introdurre la fabbrica dei tarocchi in Piemonte. L’iconografia e la fattura dei tarocchi piemontesi era simile a quella Marsigliese.


Tarocco Piemontese, xilografie dipinte a mascherina. Torino? Viarengo, 1880.

Le carte a figura doppia furono realizzate per permettere un'immediata e chiara visione di ciascuna carta da parte dei giocatori.


Tarocchino Siciliano, offset a colori. Catania, Concetta Campione, c.1950.

Il più antico riferimento siciliano al gioco dei tarocchi appare in un bando emesso nel 1736 da Don Pietro de Castro, l’allora presidente del Regno. In esso si proibisce la pratica di alcuni giochi definiti d’azzardo, sia in pubblico che in privato, consentendo per altri esclusivamente l’utilizzo privato. Fra questi ultimi appaiono i tarocchi se praticati “per semplice divertimento”. L’ordine dei Trionfi non rispecchia quello tradizionale e dal punto di vista iconografico appaiono alcune varianti: la carta 20 raffigura Giove; la 19 Atlante (come nella carta del Mondo del celebre incisore bolognese Mitelli del sec. XVII); la 15, il Diavolo, viene sostituito dal Vascello, preso a prestito dalle Minchiate a rappresentare l’elemento Acqua. Inoltre è presente anche un’altra virtù, la Costanza al numero 4. Oltre al Folle appare un’altra carta non numerata, la Miseria o Povertà.


Dorsi di carte, da sinistra a destra: in alto Minchiata fiorentina Al Soldato, Minchiata Fiorentina Etruria, Tarocchino Bolognese Al Leone; in basso Tarocco Lombardo F. Gumppemberg, Tarocco Lombardo Dotti, Tarocco Lombardo Al Soldato di F. Gumpemberg. 


Tarocco di Marsiglia - , xilografie dipinte a mascherina. Marsiglia, Bernardine Suzanne, c. 1820.

Il Tarocco Marsigliese fu prodotto agli inizi del Settecento sulla base dei tarocchi parigini seicenteschi, a loro volta derivati dai mazzi lombardi del XVI secolo. Sul finire del Settecento, questi tarocchi furono identificati dall’archeologo Court de Gébelin con il mitico Libro di Thot, da lui ritenuti il modello più aderente al presunto prototipo egizio.

Tarocco di Besançon, xilografie dipinte a mascherina. Besançon, Renault, 1830.

Questo tarocco apparve in Francia verso la metà del sec. XVIII. Sotto pressioni religiose le figure del Papa e della Papessa furono rispettivamente sostituite da Giove e Giunone. Già altre volte la Chiesa era intervenuta in tal senso. L’esempio più famoso fu la sostituzione verso la fine del sec. XVII, nel Tarocchino Bolognese, delle figure del Papa, della Papessa, dell’Imperatore e dell’Imperatrice con le immagini di quattro mori.


Tarocco Nouveau, cromolitografie a colori. Parigi, B. P. Grimaud, c. 1900.

Questo gioco fu realizzato per la Savoia su richiesta dell’Amministrazione delle Contributi Indiretti con la finalità di interdire l’uso in Francia di simili giochi fabbricati all’estero. Si tratta di un tarocco a figura doppia, con scene di vita quotidiana: le carte dal 2 al 5 illustrano le quattro età dell’uomo; dalla 6 alla 9 troviamo i quattro periodi del giorno; la 10 e la 11 raffigurano i quattro elementi; dalla 12 alla 15 sono evidenziati quattro piaceri (la danza, le arti, ecc); dalla 16 alla 19 troviamo le quattro stagioni; la 20 rappresenta il gioco delle carte e quello delle bocce; la 21 è la senza numero, la Follia.


Tarocco Allegorico, xilografie dipinte a mano. Vienna, Joseph Estel, 1815.

Questo mazzo di tarocchi a figura doppia fa parte di una famiglia di mazzi consimili che presentano diverse scene tratte dal mondo orientale secondo una moda dell’epoca. Nella carta numero I troviamo invece Arlecchino e Colombina intenti a suonare rispettivamente un’arpa e un tamburello. In molte figure sono raffigurati mostri acquatici e terrestri oltre a divinità marine.


Tarocco “Indüstrie und Glück”, cromolitografie a colori. Vienna, F. Piatnik & Söhne, c. 1870.

Pubblicate in tutti i territori dell’Impero Austro-Ungarico dal 1865 sino alla Prima Guerra Mondiale, le figure di questo tarocco illustrano scene di vita rurale inerenti alle diverse popolazioni dell’impero.


Tarocchi a scene animali, acquaforte dipinta a mano.  Vienna, Joseph Estel, c. 1820
Andrea Benedictus Göbl fu uno dei primi a produrre mazzi di carte di tarocchi a scene animali. Sulla sua scia questo soggetto fu ripreso da diversi stampatori. Gli animali non furono scelti a caso, ma quali allegorie di carattere moralizzante.


La Maison Academique, di Monsieur de la Marinière (Jeans Pinson de la Martinière), Lione, Jean Bapt. Deville, 1674.

Celebre opera in cui l’autore tratta diversi giochi del tempo, fra cui quello dell’Oca, del Biliardo, della Guerra, etc. Un paragrafo è dedicato a Le plaisant Jeu de Cartes de Tarots, definito ricreativo & sottile, divertente, per giocare per molto tempo e molti giochi, perchè molti sono i suoi aspetti”.


La fabbricazione delle carte, Cartier, Tavola I, da Diderot - D’Alembert, Encyclopedie, Paris, 1770.

La plancia illustra l’atelier di un cartaio parigino.

In alto:

Fig.     1 - Operaio che dipinge delle tele

            2 - Operaio che dipinge dei punti

            3 - Stampatore

            4 - Tagliatore

            5 - Operaia che porta dei cartoni al tagliatore

            6 - Ritoccatore

            7 - Operaio alla pressa

            8 - Forno per scaldare la colla

            9 - Calorifero

In basso:

Fig.     1 - Cartone appeso

            2 - Punteruolo

            3 - Punta per forare i cartoni da stendere

            4 - Colombaia o scatola per le carte superflue

            5 - Pesante cornice in legno dove sono raccolte le figure

            6 - Mascherina.


Fasce per Tarocchi, da Manifesto camerale notificante Gl’Invogli, Fasce, e Bolli delle Carte, e Tarocchi. Torino, Stamperia Reale, 28 marzo 1761.

Sino agli inizi del Settecento i Savoia imposero pesanti dazi alle carte importate dai territori francesi e lombardi. In seguito, quando nei domini dei Savoia cominciò la produzione autoctona, i sovrani instaurarono anche gabelle sulla fabbricazione, affidandone la riscossione agli ‘accensatori’. Per mezzo di Manifesti Camerali e Regi Editti venivano indicati i giochi permessi, quelli proibiti, nonché i modelli dei bolli e delle fasce che dovevano avvolgere i mazzi.

 

Cassetta portacarte, a più scomparti in legno intarsiato. Italia, sec. XVIII.


Scatola da gioco, in legno laccato contenente quattro scatole rettangolari portafiches. Scene galanti dipinte a mano sul coperchio della scatola e delle quattro scatoline portafiches interne. Venezia, sec. XVIII.


Scatoline portafiches, in legno laccato contenente quattro scatole rettangolari portafiches. Scene galanti di carattere campestre dipinte a mano sul coperchio della scatola e delle quattro scatoline interne. Venezia, sec. XVIII.


Scatola da gioco, in legno laccato contenente quattro scatole rettangolari portafiches. Cofanetto e scatole interne decorati con scene a cineserie. Venezia, sec. XVIII.


Scatola da gioco, in legno laccato rosso a motivi floreali, contenente quattro scatole rettangolari portafiches ciascuna delle quali reca sul coperchio un disco girevole segnapunti in osso. Fiches in osso. Venezia, sec. XVIII.


Scatola da gioco, in legno laccato contenente quattro scatole rettangolari portafiches. Scena galante dipinta a mano sul coperchio della scatola e scene a carattere marino nelle quattro scatoline interne. Fiches in madreperla a forma di pesce, rettangolari, quadrate e rotonde. Venezia, sec. XVIII.


Cassetta portacarte e portafiches, in cartone laccato contenente quattro scatole portafiches di forma circolare con scene paesaggistiche dipinte a mano sui coperchi. Fiches colorate in osso. Vienna, inizio 1800.


Scatola da Gioco, in legno laccato contenente quattro scatole rettangolari portafiches. Sul coperchio della scatola e delle quattro scatoline interne è dipinto un vaso con rose in stile neoclassico. Fiches in osso di vario formato. Inghilterra, inizio sec. XIX.


Cassetta portacarte e portafiches, in legno di stampo neogotico con rifiniture in argento, contenente quattro scatole portafiches rettangolari con le figure dei quattro Re dipinte a mano sui coperchi. Fiches in avorio e in pietre dure di vario formato e colore. Italia, inizi sec. XX.


Cassetta portacarte, Art Decò a forma di libro in radica di noce, angoli in tuia, piedini in argento, dorso in ebano con inserti in avorio. Italia, c. 1930.


Rissa fra giocatori di carte, acquaforte di Jonas Süyderhoef (Leida 1613 - Haarlem 1686)


Conversazione considerabile, acquaforte di Giuseppe Maria Mitelli (Bologna 1634 -1718)


Chi gioca per bisogno perde per necessità, acquaforte di Giuseppe Maria Mitelli (Bologna 1634 -1718)


Das Lombre spiel, acquaforte di Johann Jacob Haid (Kleineslingen 1704 - Augsbourg 1767)


Le jeu interrompu, acquaforte di Jean Heudelot (Montpellier 1730 -?)


Le partie de Whist, bulino colorato di Jean Dambrun (Parigi 1741 - dopo il 1814)


Il Baro, acquaforte dipinta a mano di Anonimo (Francia, inizi sec. XIX)


Ufficiali napoleonici e gentiluomini al gioco delle carte, puntasecca di Anonimo (Francia, inizio sec. XIX)


Salotto parigino, litografia a colori di Claude Thielley (Rully 1811 - 1891)

Rissa fra giocatori di carte, arazzo di Anonimo (Francia, epoca Luigi XIV)


La giostra della fortuna: giuoco della andata in alto e calata in basso, litografia a colori dalla rivista Il Papagallo. Bologna, 1877.




IL LIBRO DI THOT


Secret,  acquaforte di Pierre Philippe Choffard (Parigi 1730 - 1809).

Nel Settecento l’Egitto fu considerata la terra in cui più che in ogni altra nell’antichità i segreti inerenti al rapporto del visibile con l’invisibile erano stati decifrati grazie al grande Ermete, personaggio mitico al quale si ispirò la filosofia esoterica di quel periodo.

 

Mercure-Thot, inventeur de l’Astronomie, acquaforte di Antoine Louis Romanet (Parigi 1748 - c. 1810) da Antoine Court de Gébelin, Histoire de Mercure in “Monde primitif analysé et comparé avec le monde moderne”, Vol. I, Paris, chez l’auteur, 1773.
Nell’antichità il dio Mercurio, l’Hermes dei Greci, associato al dio egizio Thot, fu considerato l’inventore della scrittura e delle scienze, in particolar modo dell’Astronomia oltre che autore di numerosi trattati magico-religiosi. Hermes Trismegisto o Thot figura fra coloro che per primi diffusero le leggi nel mondo. Il Reverendo Padre Luigi Contarino Crocifero scrive nel 1619 a questo proposito nella sua opera Il vago e dilettevole giardino, nel capitolo Gli Inventori di tutte le Scienze e Arti che “Dio diede le Leggi a Mosè. Mosè le diede agli Hebrei nel 2453 del mondo. Dracone, e poi Solone à gli Atheniesi. Quinto Mercurio Trismegisto a gli Egitii”. A questo mitico personaggio fecero riferimento gli esoteristi del Settecento nell’elaborazione delle loro teorie sull’origine egizia dei tarocchi.

 

Les quatre Vertus Cardinales, Tavola V da Antoine Court de Gébelin, Du Jeu des Tarots in “Monde Primitif analysé et comparé avec le monde moderne”, Vol. VIII, Paris, chez l’auteur, 1781,

Famosa opera che diede il via alle speculazioni esoteriche sui tarocchi. Court de Gébelin, pastore protestante appassionato di archeologia, fu Censore Reale, presidente del Musèe, società letteraria parigina e per molti anni maestro venerabile della loggia massonica Les Neuf Soeurs, alla quale appartenevano illustri pensatori dell’epoca come gli enciclopedisti Diderot e D’Alembert e lo scienziato Franklin. In questo ottavo volume della sua opera, nel saggio Du Jeu des Tarots, egli affermò l’origine egizia dei tarocchi e a prova delle sue speculazioni riportò una serie di etimologie da lui ritenute di origine orientale ed egizia: fece derivare, ad esempio, la parola tarocco dall’egizio Taros = Tar + Ros che tradusse come “Sentiero Reale della Vita”. La sua interpretazione risentì chiaramente di quel revival dell’egizianismo che specialmente in ambito massonico francese andava sviluppandosi e al quale contribuì anche Cagliostro con la formulazione del suo celebre Rito. Le figure degli Arcani, riprodotte in tavole fuori testo, furono copiate da un mazzo di tarocchi marsigliesi dei quali restano invariate le caratteristiche fondamentali salvo il loro orientamento, invertito dall’incisore e la figura dell’Appeso, che il De Gébelin volle capovolgere per rendere il concetto della Prudenza, assente nei tarocchi.

 

Etteilla nel suo studio, da Etteilla ou la seule manière de tirer les cartes di Jean-Baptiste Alliette detto Etteilla (Parigi 1738 - 1791), Amsterdam, A Paris chez Lesclapart, 1773.

Scrittore di opere misteriosofiche e membro della loggia massonica dell’Ordine dei Filaleti, Etteilla basò le sue idee sul tarocco su quanto espresso dal De Gébelin: un antico libro egiziano le cui pagine contenevano non soltanto una medicina universale per lo spirito, ma anche il segreto della creazione del mondo e del divenire della razza umana. In quest’ opera egli espresse per la prima volta la sua concezione dei tarocchi come ‘Libro di Thot’..

 

Il Becco del Sabba, da Dogme et Rituel de la Haute Magie di Eliphas Levi (Alphonse Louis Constant, Parigi 1810-1875), Paris, Germer Baillière, 1856.

Il primo tomo di quest’opera, relativo ai dogmi magici, è strutturato in 22 capitoli, incentrati ciascuno su una branca dell’esoterismo ispirata, a sua volta, a ciascuna delle ‘Chiavi Maggiori’ dei tarocchi. Nel capitolo XXII del secondo tomo, Levi espose un’interpretazione del tarocco basata sulla sua presunta origine ebraica. Egli assimilò le 22 Chiavi Maggiori alle lettere dell’alfabeto ebraico, facendo corrispondere le carte con le sefirot dell’Albero della Cabala e omologando le Chiavi Maggiori ai sentieri che collegano una sefira all’altra. Il Becco del Sabba disegnato da Levi riassume i punti salienti della tradizione occultistica. Esso rappresenta l’emblema del dissolvimento (solve) e del condensamento (coagula) delle energie che il Mago può captare e dirigere, secondo un complesso sistema di corrispondenze, fra i vari piani astrali.

 
La Giustizia, acquaforte da Maniere de se récréer avec le jeu de cartes nommées tarots di Jean-Baptiste Alliette detto Etteilla (Parigi 1738 - 1791), Amsterdam, a Paris chez l’auteur, 1783 -1785.

In quest’opera Etteilla elaborò ulteriormente la sua teoria sui tarocchi egizi rapportandoli agli insegnamenti dettati dal Corpus Hermeticum. Nella sua interpretazione, i simboli dei tarocchi si arricchirono di nuovi significati magici e filosofici. Per gli arcani minori egli utilizzò un mazzo di carte da Piquet, contenente i semi di Cuori, Quadri, Picche e Fiori, assegnando a ciascuna carta un significato divinatorio. Utilizzò solo 32 carte, avendo tolto le carte dal 2 al 6 ai semi di Cuori, secondo una prassi utilizzata anche per il gioco.

 

Plan de la Loge, acquaforte da L’Ordre des Francs-Maçon trahi et le secret de Mopses revelé dell’Abbè Perau (Abbe Gabriel-Louis-Calabre, Parigi 1700-1767), A Amsterdam, Chez Henry-Albert Gosse & Comp., 1752.

Nel simbolismo della Libera Muratoria le colonne del Tempio di Salomone rappresentano l’iniziazione ai Misteri massonici. Fu Levi il primo ad accostare il lavoro che si svolge nelle Logge massoniche con il simbolismo dei tarocchi. Per Levi le colonne fra cui siedono la Papessa e il Papa nonché i supporti del baldacchino posto sopra il Carro sono legati al simbolismo delle colonne Jakin e Bohaz del Tempio massonico.

 

Il Papa, da Le Tarot Divinatoire di Papus (Gerard Encausse,  La Coruna 1865 - Parigi 1916), Paris, Librairie Hermétique, 1909.

Papus, importante esponente della massoneria francese e membro dell’Ordine Cabalistico della Rosa Croce, considerò i tarocchi come i simboli di un percorso interiore improntato all’Albero della Cabala, in grado di condurre l’iniziato alla conoscenza del mondo astrale e del divino. Secondo il suo pensiero i 22 arcani maggiori dei tarocchi trovano preciso riferimento nelle 22 lettere dell’alfabeto ebraico, espressione dell’emanazione divina: Aleph = Bagatto; Beth = Papessa; Schin = Matto, ecc. In questo suo celebre trattato furono inserite fuori testo e in stile egizianeggiante le figure dei tarocchi, attorniati dalle lettere egizie, ebraiche e sanscrite, oltre che dal simbolo ‘archeometrico’ e dal segno zodiacale.

 

Il Carro, da Les XXII Lames Hermétiques du Tarot Divinatoire di René Falconnier, Paris, Librairie de l’Art Indépendent, 1896.

Sia il testo che le illustrazioni egizianeggianti di questo tarocco divinatorio-cabalistico sono ispirati alla descrizione delle lame ermetiche dei tarocchi fornite dall’esoterista Paul Christian. In ogni carta appare una lettera dell’Alfabeto dei Magi, i cui caratteri, ispirati all’antico alfabeto samaritano, furono inventati in quanto non corrispondono a nessuno degli alfabeti magici comparsi in Occidente sino ad allora.


Talismano magico, manoscritto da Libro esorcismo o scongiuri con li quali si domanda dei tesori nascosti, o altre sume ad uno spirito chiamato Fanfarello. Il quale è stabilito sopra li tesori occulti di Padre Everardo, Udine, XVII secolo
Queste istruzioni “Composte dal R. P. Edoardo della Sacra Inquisizione dell’Università di Baviera, Professore ordinario di Matematica”, contengono una figura assimilabile all’iconografia presente nella carta del Mondo, secondo la concezione occultistica. Ai lati del talismano compaiono i nomi dei quattro Evangelisti, dei quattro principali angeli preposti alle operazioni di magia sacra e dei quattro profeti, a formare così il quaternario degli elementi. All’interno del cerchio compare la Trinità cristiana, ovvero l’Unità divina analoga all’Anima Mundi ermetica e alla Quintessenza alchemica.

 

La Vergine con il Bambino, acquaforte di Anonimo (sec. XVI).

La carta dell’Imperatrice nei tarocchi occultistici di Oswald Wirth raffigura l’intelligenza creatrice, madre delle forme, delle immagini e delle idee. È la Vergine Immacolata dei cristiani, nella quale i Greci avrebbero riconosciuto la loro Venere-Urania, nata radiosa dai flutti cupi dell’oceano caotico. Regina del cielo, si libra nelle altezze più sublimi dell’idealità, al di sopra di ogni contingenza oggettiva, come indica il piede posato sulla mezzaluna. 

 

La conversione di San Paolo Apostolo, xilografia di Michael Wolgemuth Norimberga 1434 - 1519) da Hartmann Schedel, Liber Chronicarum, Norimberga, Anton Koberger, 1493.

I raggi del Sole nella omonima carta dei Tarocchi di Marsiglia e in quelli di Oswald Wirth sono rappresentati in forma di gocce a significare la luce divina dispensatrice di benefici effetti. Qui gli stessi raggi evidenziano la loro influenza esercitata nella conversione dell’Apostolo Paolo sulla via di Damasco.

 

Il martirio di San Pietro, xilografia di Michael Wolgemuth Norimberga 1434 - 1519) da Hartmann Schedel, Liber Chronicarum, Norimberga, Anton Koberger, 1493.

La carta dell’Appeso assume una valenza paragonabile al sacrificio di San Pietro. Essere sospesi a testa in giù, così come si ritrova in alcuni riti iniziatici, equivale a porsi in un rapporto positivamente orientato con il mondo celeste.

 

Ercole al bivio fra il vizio e la virtù, bulino di Giacomo Frey  (Hocdorf/Kt. Lucerna 1681 - Roma 1752)

Alla sinistra di Ercole, la fanciulla discinta che indica con la mano carte e maschere poste a terra, rappresenta il vizio, pratica legata al basso, cioè alle cose materiali. L’altra figura femminile vestita, che indica all’eroe un unicorno posto in alto sopra una roccia, animale considerato puro, rappresenta la Virtù. Una simile raffigurazione appare nella carta dell’Amore nei Tarocchi di Marsiglia, interpretata dagli occultisti ottocenteschi come momento necessario di scelta spirituale.

 

Herculis Iudicium, acquaforte di Robert Strange (Orkneys 1721 - Londra 1792)

 

Maria desponsata Joseph, acquaforte di Jean Pesne (Rouen 1623 - Parigi 1700).

La carta degli Amanti nel Libro di Thot di Etteilla si riallaccia alla tradizione alchemica che vede nella mistica unione di re e regina, o anche di Maria e Giuseppe, gli emblemi della conciliazione degli opposti.

 

Tarot “Egyptien” -  Grand Etteilla I - 2,   acqueforti dipinte a mano. Parigi? inizi 1800.
Raro esemplare di Tarocco Egiziano fatto realizzare da D’Odoucet sulla base delle indicazioni fornitagli da Etteilla, suo maestro per dieci anni. Queste figure offrono l’idea più verosimile dell’iconografia del Livre de Thot disegnato da Etteilla, del quale non si è conservato alcun esemplare.

 

Le Petit Oracle des Dames 2, acqueforti colorate a mascherina. Parigi, B. P. Grimaud, c. 1860.

L’iconografia di queste 42 carte ideate da Etteilla e apparse nel 1807, sono ispirate in parte ai tarocchi: troviamo la Prudenza, la Luna, la Torre (Casa di Dio) intesa come “Creazione dell’Uomo e della Donna”, la Fortuna, la Morte, la Forza, il Diavolo, le  Stelle, l’Amore, il Mondo, il Folle e il Giocoliere, mentre le restanti carte sono illustrate da scene tratte dalla vita quotidiana. Come nei tarocchi di Besançon sono presenti Giunone e Giove. Queste carte furono utilizzate nell’opera Les songes (1809) per la spiegazione dei sogni.

 

Tarot “Egyptien” - Grand Etteilla III 2, cromolitografie. Parigi, Delarue, 1890.
Interpretazione tarda ottocentesca dell’omonimo mazzo di carte di Etteilla, il Livre de Thot.

 

Tarocco Esoterico - 2, impressioni tipografiche a colori. Spagna? inizi sec. XX.
Questo mazzo ispirato al Grand’Etteilla III, riunisce i concetti esoterici e le sentenze divinatorie stabilite dagli occultisti ottocenteschi francesi simboleggiate da figure geroglifiche e lettere cabalistiche. Oltre alle immagini degli Arcani, ciascuna carta riporta, a doppia faccia, la corrispondente lettera ebraica e la sua pronuncia in lingua inglese. Fra le lettere ebraiche appaiono piccole figure, generalmente persone.

 

Tarocco Rider - Waite - 2, cromolitografie a colori. London, William Rider & Son, 1910.
Nella sua opera The pictorial key to the Tarot (Londra 1911), Arthur Rider Waite, difensore di un esoterismo puramente cristiano e oppositore a ogni devianza magica e orientaleggiante, spiegò i significati simbolici e divinatori delle figure dei tarocchi che ideò per servire alla Fratellanza della Rosa Croce. Ispirandosi all’arte e alla letteratura ermetica rinascimentale (alcune figure degli arcani minori riprendono l’iconografia dei tarocchi Sola-Busca del sec. XV), Waite fece comporre da Pamela Colman Smith questo mazzo di carte che ancora oggi gode di grande reputazione negli ambienti occultistici e che è diventato il mazzo cartomantico per eccellenza. Le immagini qui riprodotte si riferiscono alla rarissima prima edizione.


Tarocchi di Oswald Wirth - 2, impressioni tipografiche a colori da Le Tarot des Imagiers du Moyen Age di Oswald Wirth (Brienz 1860 - Mouterre-sur-Blourde, 1943), Paris, Le Symbolisme, 1927.

Nella sua opera, considerata ancora oggi la più importante per lo studio esoterico dei tarocchi grazie alla capacità dell’autore di chiarire le corrispondenze esistenti tra i simbolismi delle più importanti tradizioni misteriche occidentali ed ebraiche, quali l’Alchimia, l’Astrologia, la Massoneria e la Cabala, furono inserite fuori testo le tavole con i 22 arcani maggiori dei tarocchi. Si tratta di carte realizzate non per esigenze cartomantiche, ma per servire da autentico manuale di occultismo.



TAROCCHI E CARTOMANZIA


Esplicazione delle carte
, Anonimo (Francia sec. XVIII), da Manière de tirer les cartes 
Manoscritto cartomantico basato sui significati delle carte di Etteilla.

 
Tavola dei giorni fasti e nefasti, da Ferd. Caroli Weinhart, Medicus Officiosus, Venezia, Jo. Gabrielem Hertz, 1724.

La superstizione vuole che esistano giorni migliori di altri per le pratiche cartomantiche. Questa concezione, dovuta a fattori astrologici, fin dall’antichità fu comunemente tenuta in considerazione anche per altre situazioni, come si può desumere da questo trattato settecentesco di medicina in cui l’autore, celebre medico del tempo, elenca i giorni fasti e nefasti - secondo la superstizione del volgo - per iniziare una cura o per sottoporsi a un’operazione chirurgica.

 

Etteilla nel suo studio, da Melchior Montmignon D’Odoucet, Science des signes ou médecine de l’esprit connue sous le nom d’Art de tirer les Cartes, Paris, chez l’auteur, s. d. [1804].

L’autore, autodefinitosi uno degli interpreti del Libro di Thot, possessore dei fondi di Etteilla, suo collaboratore e continuatore delle sue fatiche, sviluppa nella prima parte di quest'opera la teoria del Libro di Thot e la pratica della scienza dei segni considerata medicina dello spirito. Nella seconda, tratta le combinazioni scientifiche riguardanti le lotterie in Francia e l’interpretazione dei sogni e delle visioni.

 

Le carte del destino, da Albert D’Alby, L’Oracle parfait ou nouvelle manière de tirer les cartes, Paris, chez Blanchon, 1802.

Scrive l’autore che “L’Oracolo perfetto non è altro che una imitazione degli oracoli pronunciati dai Caldei, Egiziani e Greci, su vicende riguardanti il passato e l’avvenire: ciò che propriamente è chiamato Oroscopo. Il seguente trattato insegna il modo di divinare con le carte, considerate come emblemi di conoscenze astrologiche”. 

 

L’Amore, da Anonimo, Les songes espliqués et raprésentés par 74 figures. Du moyen de connaître l’avenir par une nouvelle manière de tirer les cartes, Lilla, chez Blocquel et Castiaux, 1809.

Rarissimo trattato tascabile di Oniromanzia, in cui i sogni vengono interpretati sulla base delle carte del Le Petit Oracle des Dames di Etteilla.

 

La Profezia, da Marie Anne Le Normand (c. 1768 - 1843), Les oracles sibyllins, Paris, 1817.
L’antiporta di quest’opera autografata mostra M.lle Le Normand durante una seduta cartomantica con Giuseppina Tascher de la Palerie, prima moglie di Napoleone che appare alla porta. Così la scritta che illustra la scena: “Io vedo avvicinarsi a grandi passi una profezia che mi fu fatta al tempo del mio divorzio. Ella annunciava che dal momento che Napoleone mi abbandonerà, non sarà più fortunato...”.

 

M.lle Le Normand cartomante dell’Impero, da Marie Anne Le Normand, La Sibylle au congrès d’Aix - La - Chapelle, Paris, chez l’auteur, 1819.

L’opera in questione rappresenta uno dei pochissimi testi sulla cartomanzia scritti da questa celebre sibilla, divenuta cartomante privata di Napoleone Buonaparte e dell’Imperatrice Giuseppina. L’immagine in antiporta la ritrae mentre legge le carte, stese sul tavolo sopra la mappa dell’Europa, a un generale dell’Imperatore.

 

Cagliostro cartomante, da Julia Orsini, Le Grand Etteilla, ou l’art de tirer les cartes, Paris, chez tous le marchands de nouveautés, s. d., c. 1850.

Quest’opera di M.lle Orsini, sedicente allieva di M.lle Le Normand, è un lungo riassunto del Dictionnaire synonyme du Livre de Thot (1719), vasta tabulazione di tutti i possibili significati delle figure del Grand’ Etteilla, edito dalla Società degli Interpreti del Libro di Thot.

 

M.lle Le Normand legge le carte a Napoleone, da Johannès Trismégiste (pseud. di Lorambert), L’art de tirer les cartes, Paris, chez tous les librairies, 1849.

 
Le Magicien, da M.lle Lemarchand, Les récréations de la Cartomancie, Paris, chez tous le marchands de nouveautés, 1856.

M.lle Le Marchand, allieva della Le Norman, definì quest’opera “una descrizione pittorica di ciascuna carta del Grand Jeu de l’Oracle des Dames di Etteillaarricchito da combinazioni per conoscere il Presente, il Passato e il Futuro”.

 
Ignorantia, xilografia da Marcolino da Forlì (Forli sec. XVI - Venezia 1559), Le Ingegnosi Sorti, Venezia, 1540.

L’utilizzo delle carte per un uso divinatorio completamente diverso dall’odierna pratica cartomantica, si ritrova in questo rinascimentale libro di Sorte che prevede cinquanta domande alle quali è possibile rispondere estraendo una carta del seme di denaro dal comune mazzo italiano. Ogni combinazione rimanda a un oracolo espresso in terzine.

 

Le Livre du Destin - 2, acqueforti dipinte a mano, Parigi? c. 1800.

Celebre gioco cartomantico composto da 32 carte più una bianca. I vari significati corrispondono a quanto riportato in un manoscritto anonimo del sec. XVIII ispirato in parte alle interpretazioni di Etteilla. Assieme a una vignetta esplicativa del significato divinatorio si trova la carta a semi francesi corrispondente.

 

Les Fleurs Divinatoires 2, acqueforti dipinte a mano, Francia? c. 1840.

In queste 32 rarissime carte i fiori vengono abbinati a una particolare inclinazione umana. Il lauro, ad esempio, è associato alla ‘Vittoria’, rappresentato da soldati trionfanti e l’aconito alla ‘Vendetta’, simboleggiata da una donna che versa del veleno in un bicchiere di vino. Le ulteriori 32 carte descrivono l’allegoria di ciascuna figura e le combinazioni illustrate nelle 32 carte figurate.

 

Sistema solare e planetario, acquaforte dipinta a mano di Johann Baptist Homann (Kamback 1664 - Norimberga 1724)

L’Astrologia fu considerata la madre delle scienze divinatorie. L’abbinamento delle carte dei tarocchi con i segni zodiacali fu ricerca costante da parte degli occultisti e dei cartomanti ottocenteschi.

 

Grand Jeu de Société - Cartes Astro-Mytho-Hermétiques - 2, litografie colorate a mascherina. B. P. Grimaud, Parigi, 1890.

Negli ultimi anni della sua vita, M.lle Le Normand (c.1768 - 1843), cartomante della Rivoluzione e dell’Impero, creò questo gioco di 52 carte aggiungendone due, il Consultante e la Consultante. Ella lo descrisse in un’opera in cinque volumi dal titolo Le Grand Jeu de société et de pratiques secrètes che venne pubblicato postumo nel 1845Firmato nell’introduzione da una misteriosa Comtesse X, l’opera apparve sotto lo pseudonimo di Mme la Comtesse de ***. Il primo volume Explication et application des cartes astro-mythol-hermétiquesavec la manière de faire les talismans. Suivi de la géomancie et d’ un double dictionnaire de fleurs emblématiques illustra il contenuto del mazzo. Il gioco appare interessante per la quantità di riferimenti mitologici, alchemici e astrologici che riportano alla memoria Les Fables Egyptieniess et Greques Devoilées del 1760 di Dom Pernety e le concezioni spirituali della società ermetica degli Enluminées d’Avignon da questi fondata nel 1765Oltre al riferimento ai semi francesi, nella parte superiore di ciascuna carta è riportata una particolare costellazione, mentre nella parte inferiore sono raffigurati fiori, animali e scene mitologiche.

 

Petit Etteilla, acqueforti dipinte a mascherina. Parigi, B. P. Grimaud, 1895.
Gioco cartomantico di 32 carte ideato da Etteilla e pubblicato per la prima volta nel 1791, suo anno di morte. Nell’introduzione del libretto esplicativo è scritto che “Il modo di divinare con le carte francesi e le carte egiziane si deve unicamente al celebre Etteilla, che debuttò in Francia nel 1753, con la pubblicazione del suo saggio L’Art de tirer les cartes”.

 

Le Petit Etteilla, ou L’Art de tirer les Cartes, Lilla, Blocquel et Castiaux, s. d. [c. 1820].

“Figlia mia, il Re di Quadri annuncia amicizia e matrimonio”. Queste parole illustrano la figura posta nell’antiporta del frontespizio di quest’opera che raccoglie le informazioni cartomantiche dettate da Etteilla e che è accompagnato da 30 carte del Petit Etteilla incise in xilografia.

 

La Sibylle des Salons - 2, cromolitografie a colori. Parigi, B. P. Grimaud, 1890.

Stampato per la prima volta nel 1828 con 52 figure ispirate alle Sentimental Cards inglesi della fine del Settecento, questo gioco cartomantico fu in seguito ridisegnato dal celebre illustratore Grandville (Gérard Jean Ignace Isidore). Per motivi di mercato, il gioco fu chiamato La Sibilla dei Salotti espressione con la quale era conosciuta M.lle Le Normand in quei tempi ancora assai famosa.

 

Petit Le Normand, litografie dipinte a mascherina di Anonimo. Germania, c. 1850.
Verso 1840 un editore tedesco creò un gioco divinatorio che portava il semplice nome di Wahrsagekarten, cioè carte da divinazione. Poiché alcune figure erano state prese a prestito dal precedente La Sibylle de Salons attribuito, per ragioni di mercato, alla celebre indovina, tale modello divenne il prototipo di una serie di mazzi che vennero pubblicati pressoché in tutta Europa sotto il nome della Le Normand. Sul coperchio del cofanetto di questo mazzo è riportata, in lingua tedesca, francese e inglese la scritta “Kartenspiels der berũhmten Wahrsagerin Mlle. Le Normand in Paris” (Carte da gioco della famosa cartomante M.lle Le Normand in Parigi). Ciascuna delle 36 carte presenta una vignetta che esprime visivamente il significato divinatorio, descritto più dettagliatamente in un fascicolo allegato.

 

Le Petit Cartomancien: Jeu de Bonne Aventure,  litografie a colori. Parigi, B. P. Grimaud, c. 1890.

Ciascuna delle 36 carte che compongono il mazzo, falsamente attribuito come La Sibylle du Salons a M.lle Le Normand, riporta scritte riguardanti il significato generale, il diverso valore divinatorio determinato dalla carta diritta e rovesciata, il riferimento al numero del seme e l’illustrazione esplicativa.

 

Petit Le Normand - Warhsagekarten n. 2, cromolitografie di Anonimo. Francoforte, B. Dondorf, 1900.

Gioco cartomantico fra i più diffusi ideato da un anonimo tedesco verso la metà del 1800, ristampato a più riprese e falsamente attribuito per motivi di mercato, come i giochi che seguono, a M.lle Le Normand. Oltre alla figura allegorica, ciascuna delle 36 carte riporta in alto a destra il marchio aziendale, a sinistra il numero progressivo all’interno di un cerchietto e la corrispondente carta a semi francesi al centro o, in alternativa, una breve spiegazione divinatoria composta in rima.

 

Sibylle die wahrsagende Zigeunermutter, fotolitografie a colori. Norimberga? J. C. Jegel, c. 1870.

Gioco di 32 carte con il significato scritto nella parte inferiore di ciascuna carta in tre lingue: tedesco, francese e inglese.

 

Wahrsagekarten, litografie a colori. Bruges, Geûens-Willaert, c. 1910.

Mazzo di 36 carte. In alto, a sinistra, sono poste le carte a semi francesi le cui figure di corte indossano costumi storici nello stile di Daveluy e, a destra, frasi riferite al significato divinatorio. Sotto ciascuna figura è riportato il nome della carta in lingua olandese.

 

Les secrets du destin - L’avenir devoilé, litografie a colori. Parigi, David, 1892.
Il nome dell’editore di queste 32 carte appare nell’Asso di Fiori dedicato all’Armes de la Ville de Paris di cui è riprodotto lo stemma. Le figure rappresentano personaggi famosi della storia francese, fra i quali Giovanna d’Arco, il Cardinal Richelieu, l’Imperatrice Giuseppina, ecc. Il personaggio più recente è un gentiluomo vestito per un ballo, con data 1892. Nel lato superiore sinistro sono riportate le carte a semi francesi, sotto le quali è scritto il significato divinatorio.

 

Le Jeu du Destin Antique, litografie a colori. Parigi, B. P. Grimaud, c. 1910.

Questo gioco divinatorio accomuna otto carte (re, regina, fante, dieci, nove, otto, sette e asso) di ciascun seme a particolari situazioni o comportamenti. La lettura divinatoria è contemplata sia con la carta diritta che rovesciata. Le scene mostrano antichi guerrieri, contadini, pescatori, zuavi e momenti di vita quotidiana. Nella parte superiore, a sinistra, sono collocate le carte a semi francesi e a destra segni zodiacali o allegorie.

 

L’Oracle Symboliquè, litografie dipinte a mascherina. Parigi, Charles Watilliaux, c. 1880.
Questo mazzo, definito come Jeu de Salon Amusant et varié, è composto da 20 carte con scene allegoriche tratte dalla vita quotidiana.

 

Nouveau jeu de la main, cromolitografie. Parigi, B. P. Grimaud, c. 1890.

In questo gioco formato da 56 carte viene profetizzato, attraverso le concezioni chiromantiche rinascimentali legate alla teoria dei sette colori, dei sette tipi di temperamenti e dei sette tipi o forme della mano, il destino di ciascun individuo. Nella parte superiore sono raffigurate le carte a semi francesi corrispondenti.

 

Mano chiromantica, xilografia da Jean Belot, Les Oeuvres, Lione, Claudie La Riviere, 1654.

Tra le arti ermetiche diffuse nel rinascimento un posto speciale merita la Chiromanzia, forma di divinazione dotta legata a complesse concezioni astrologiche. Le linee della mano rispecchierebbero gli influssi astrali creduti condizionare i caratteri e i destini di ogni individuo. Nell’antica versione latina delle Scritture troviamo che “Dio ha posto dei segni nelle mani di tutti i figli degli uomini, affinché tutti i figli degli uomini conoscano la sua opera”, mentre nei Proverbi troviamo “Nella sua mano destra è la lunghezza dei giorni e nella sinistra le sue ricchezze e la gloria” (3, 16).

 

Tarocchino Bolognese, offset. Bari, Guglielmo Murari, tra il 1916 e il 1922.

Il primo documento conosciuto che tratta i tarocchi dal punto di vista cartomantico, a esclusione dell’isolato caso rinascimentale citato nel Chaos del Tri per Uno di Teofilo Folengo, appartiene a Bologna. Si tratta di un manoscritto databile indicativamente al 1730 nel quale i significati divinatori vengono abbinati a un mazzo di 35 carte. Queste interpretazioni sono assai simili a quelli che più tardi Etteilla svilupperà nei riguardi del suo Livre de Thot. È quindi assai probabile che il cartomante francese conoscesse queste attribuzioni e che se ne fosse appropriato. Le carte qui riprodotte, appartenute a un cartomante bolognese, recano menzioni divinatorie manoscritte.

 

Cartomanzia Italiana, litografie a colori. Italia? c. 1890.

Rielaborazione del mazzo cartomantico La Sibylle du Salons risalente al 1828 e che nei decenni successivi fu adattato a più riprese da diversi stampatori. I semi delle carte da gioco francesi, che nei primi modelli Le Normand erano poste nell’angolo superiore sinistro, sono sostituite dalle sigle C (cuori), F (fiori), Q (quadri), P (picche). Sotto la figura, oltre al significato divinatorio, appare a destra un numero di sequenza e a sinistra un numero della lotteria. Il gioco è composto da 52 carte.

 

Cartomanzia Italiana (Mignon), cromolitografie a colori. Italia? c. 1930.

Versione tascabile, o da viaggio, del gioco precedente.

 

Cartomanzia Lusso, offset a colori. Trieste, Modiano, 1942.

Le figure di questo tarocco cartomantico di gusto egizianeggiante, edito da Modiano, sono ispirate a quelle descritte da Papus nel suo Le Tarot Divinatoire.

 

La tireuse de cartes, acquaforte dipinta a mano di Jacques Chèreau (Blois 1688 -1776)

 

Les amans curieux  ou La diseuse de bonne aventure, acquaforte dipinta a mano di Augustin Legrand, pseudonimo di Auguste  Claude Simon (Parigi 1765 - c.1815).

 

La credulité sans reflexion, acquaforte dipinta a mano di Louis Michel Halbou (Francia 1730 - Parigi 1810)

 
La cartomante, acquaforte dipinta a mano di Anonimo (Austria? sec. XIX)

 
Die kartenschlaegerin, acquaforte dipinta a mano di Adrien Schleich (Monaco 1812 - 1894)

 
Carte de visite de Mme. Noirot physionomiste, stampa tipolitografica. Parigi c. 1860.

 

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