Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

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"La Magia dei Caratteri” di G Maria Muti -1682

Lo straordinario resoconto di un' amorosa partita a carte con i Trionfi

 

Andrea Vitali, dicembre 2020

 

 

Conosciamo assai poco della vita di Giovanni Maria Muti (1649-1727) se non che fu frate predicatore dell’Ordine degli Umiliati - spesse volte appellato dai contemporanei come ‘Padre Maestro’ - e che compose diverse opere di carattere morale. Inoltre, è da annoverarsi fra quella cerchia di religiosi rappresentanti del ceto ecclesiastico medio che verso gli ultimi decenni del Seicento diedero alle stampe commedie di natura edificante come il sacerdote Giovanni Ambrogio Marini, il benedettino Luigi Manzini, il carmelitano Apollinare di San Gaetano e il francescano conventuale Antonio Masucci.

 

La produzione libraria del Muti fu davvero straordinaria con ventuno pubblicazioni date alle stampe fra il 1674 e 1725. Solo per citarne alcune, La Penna Politica (Venezia 1707), La Penna Volante ridotta in Penna Seria (Venezia, seconda impressione 1702), La Gismonda (Treviso 1702), il Quaresimale (Venezia 1708), Il Concistoro Generale de’ Santi delineato in Panegirici Sagri (Venezia 1692), Il trono di Salomone, o sia Politica di governo a tutte le nazioni del mondo; dove s'impugna il Macchiavelli: si combatte il duello: si erudiscono i principi nel governo: con altri premurosi trattati: opera cavata da s. Tommaso (Venezia 1725) e La Magia de Caratteri (Venezia 1682) 1, oggetto quest’ultimo di questa trattazione.

 

Una singolarità: al Muti si deve l’aver introdotto per la prima volta in italiano e in opera libraria, il Quaresimale, il termine Cicisbeo attribuito al cavalier servente, dal carattere galante, amante di una donna sposata.

 

 

 Ritratto del Muti

 

                                               Francesco Zucchi, Ritratto di Giovanni Maria Muti, incisione, sec. XVII

 

 

 

Con la Magia dei Caratteri l’autore, come scrisse nelle pagine rivolte al Lettore, intese mettere in guardia sugli incanti d’amore e in particolare sull’usanza dei biglietti amorosi che gli amanti erano soliti scambiarsi, considerato che nell’affidarsi a una carta essi avevano sempre motivo “di star su le leggierezze”. L’invito era pertanto di non fidarsi di quelle promettenti letture, in quanto le delizie dell’amore non dovevano essere misurate in istanti. Per l’autore, che sì definì “uno di que’ maghi che non adopra negl’incanti la verga”, ogni ‘serpe’ di donna, benché fosse sorda alle preghiere, avrebbe ceduto invece ai colpi di una penna, la cui forza era in grado di far arrendere la loro ritrosia così come da esse stesse confessato.

 

Vide una donna, scrive l’autore, che nella lettura di un biglietto “tra que’ palpabili Labirinti” aveva perso lo spirito, confessando “che quell’Abecedario era la più scaltra formula nelle combinationi del gusto”. Si era data allora per vinta, giurando il subitaneo eclissarsi del candore della sua fede amorosa di fronte agli assalti di una lettura così persuasiva.

 

L’autore, considerato che le donne negli affari amorosi erano da lui ritenute al pari di serpi, con la sua opera intese farsi conoscere come mago al fine di liberare i cuori affascinati dalle lusinghe dei sensi, facendo loro evitare le frodi del labbro, ossia le parole ingannatrici, rendendoli fermi nella costanza e affermando che chi avesse saputo porre per iscritto (nei bigliettini) i suggerimenti descritti nella sua opera Magia de Caratteri avrebbe sfuggito gli incanti, così che gli inganni di certi “putridi paralogismi” non avrebbero avuto su loro effetto.

 

Alla fine del secondo atto, nell’intermezzo che precede il terzo, l’autore pose i principali personaggi della commedia in una stanza dove si predisposero a giocare a carte. Oltre che per gli aspetti simbolici evocati dalle carte possedute dai giocatori, l’intermezzo si presenta di interesse in quanto vengono citati i nomi dei giochi di carte più famosi del tempo. Infatti, in accordo fra loro di dichiarare a quale gioco ciascuno avesse voluto giocare, i convenuti esprimono la loro preferenza citando la Stoppa (1), la Bassetta (2), il Ganellino (3) 2, i Tarocchi (4), il Picchetto (5), la Primiera (6), la Bazzica (7), il Gilè (8) e infine il Trionfo (9) 3.

 

(1)  Stoppa o stuppa = antico gioco d’azzardo italiano, basato su scommesse, svolto con 40 carte. Per alcuni aspetti è simile al poker.

(2) Bassetta = gioco d'azzardo di origine veneziana nel quale si usavano le carte dall'1 al 5.

(3) Ganellino = termine con cui veniva chiamato in Liguria e Sicilia il Tarocco Toscano, ovvero il gioco delle Minchiate.

(4) tarocchi = nel gioco precedente dei Gallerini, erano chiamati tarocchi le 40 carte dei cosiddetti Arcani Maggiori.

(5) Picchetto = dal francese piquet, picchetto, inteso in senso metaforico (picca, arma da punta ferrata) fu inventato in Francia nel sec. XVII per divenire di gran moda in Europa fin dal sec. XV. Si giocava con un mazzo di 32 carte a semi francesi (picche, cuori, fiori, quadri) a cui vengono tolte le carte dal 2 al 6 di ciascun seme.

(6) Primiera = ideata verso la fine del sec. XV può essere definita l’antenata del moderno poker con la variante che veniva giocata con quattro carte anziché che con cinque.

(7) Bazzica = forse di origine francese, simile alla briscola; ordinariamente prevede un mazzo di 32 carte nella bazzica semplice e due mazzi nella bazzica doppia.

(8) Gilè = gioco d'azzardo italiano del XVI secolo, probabile antenato della Primiera.

(9) Trionfo = di origine spagnolaveniva giocato con un mazzo di 52 carte; antenato della nostra briscola, in quanto si battezzava uno dei quattro semi come briscola le cui carte prevalevano su quelle degli altri semi.

 

Entrando nel vivo della storia, di seguito riportiamo i nomi dei giocatori e il loro ruolo nella commedia:

 

Interlocutori:

 

FLERIDA Dama Francese Donzella amante di Silerio.

ALBINA Giovine nobile di Parigi amante di Celso.

SILERIO Cavalier Francese amante di Albina.

CELSO Inglese nobile amante di Flerida.

ARDELIA Amica di Raimarte giovine Fiamengo.

RAIMARTE Amante di Ardelia.

 

Altri personaggi della Commedia non coinvolti nel gioco:

 

ZAGAGLIA Servo di Flerida, mezzo sciocco.

FINETTA Balia di Ardelia.

 

Riportiamo ora l’Intermezzo, dove se da un lato gli scambi verbali fra uomini e donne si presentano coerenti con quelli utilizzati nell’uso ludico esprimendo nel contempo un corteggiamento intriso di allegorie amorose, dall’altro riflettono il pensiero dell’autore nel voler mettere in guardia gli amanti sui pericoli di una insensata seduzione tramite le parole. Come sopra riportato, ciascun personaggio maschile è innamorato di una donna che ama un altro e così lo stesso per le donne. L’unica non innamorata risulta Ardelia che considera Raimarte alla stregua di amico, il quale invece si strugge d’amore per lei. La conoscenza di questi sentimenti risulta fondamentale per comprendere il dialogo dei protagonisti in occasione della partita, svolta con Trionfi a semi francesi, cioè picche, quadri, fiori e cuori, dove ciascun seme diviene anche emblema di una emozione, di un particolare sentire. Così, mentre i cuori riflettono una dichiarazione d’amore, le picche esprimono un diniego in grado di colpire (far soffrire) l’innamorato; i fiori un dono e i quadri, in questo caso, le tele dei quadri. Da osservare come ciascun personaggio nel giocare ogni carta si rivolga non alla persona amata ma a quella amata da altri. Un gioco di seduzione per ingelosire.

 

INTERMEZZO

 

Si veggono in una Stanza i recitanti invitati à giuocare alle Carte, e così favellano.

 

Celso. Già che s' hà a giocare ò Signori, ogn’uno manifesti qual giuoco gl'aggrada. Io per me mi spasserei al giuoco di Stoppa, già che l'Idolo mio Tiranno mi tiene sempre alla Corda. (1)

Flerida. Quanto à me non voglio Bassetta, perche il mio Amore hà havuto una brutta facciata (2), e le seconde (3) mi servono a perder lo spirito (4).

Silerio. Giocherei à Ganellino, ove applicarsi bisogna à non perdere il fuoco (5), e già che promessa mi viene speranza, quivi appunto sempre si yince con l’arie (6), e non mancan tarocchi (7), per digerire la rabbia.

Albina. A Picchetto m'aggrada, poiche uno che è agghiacciato in amore potrei riscaldarlo con un Cappotto (8): temo però d’un repicco (9), se non mi s’accresce in mano il buon punto della mia sorte (10).

Raimarte. Mi diletto di Primiera, mà sò che il flusso (11) di spade, non piace alle donne, a quali rincresce il flusso di sangue (12). Giochiamo a bazzica, giàche gl’amanti regolano i lor gusti col comodino (13).

Ardelia. Lascio il trionfo, perche qui in Parigi fin’ad ‘hora, mi vengono dopie partite in le mani. Il gilè sarà a tuono (14), piacendo ad’ogn’uno la simboleità (15) degl’affetti.

Celso. Se non mi s’oppugna, vi prego Signori, di giocare à trionfo, perche gl’amāti [amanti] tutti fanno sempre sul depredar le vittorie (16) già che alcuno non s'oppone, diamo principio”.

 

(1) già che l'Idolo mio Tiranno mi tiene sempre alla Corda = il mio amore verso Fleridami tiene legato, (nel senso che il personaggio è talmente innamorato da non sopportare di non amarla, nonostante non sia contraccambiato. In senso allegorico per Idolo si potrebbe intendere il suo sesso che pretende soddisfazione).

(2) ha avuto brutta facciata = è screditato nell’immagine.

(3) le seconde = e le cose che ho conosciuto in seguito.

(4) mi servono a perder lo spirito = mi spengono l’ardore.

(5) perdere il fuoco = perdere la concentrazione. In senso allegorico perdere l’ardore.

(6) arie = i cinque trionfi più alti: Stelle, Luna, Sole, Mondo, Trombe (il Giudizio dei Tarocchi)

(7) tarocchi = nel gioco delle Minchiate i cosiddetti Arcani Maggiori in numero di 40. In senso allegorico, questa frase e la precedente significano che in caso di speranza disattesa di vincere (anche in amore), esiste la possibilità di rifarsi nel caso di perdita, perdita che farebbe arrabbiare.

(8) Cappotto = vincere tutte le mani del gioco. Da intendersi anche come l’indumento in grado di scaldare chi è freddo in amore. In senso allegorico stimolare la sua volontà di vincere facendolo perdere.

(9) temo un repicco = temo una ripicca, da mettere in relazione con Picchetto sia per l’assonanza che per un atteggiamento che potrebbe deludere (Picchetto = Piccola picca, arma appuntita d’offesa).

(10) se non mi s’accresce in mano il buon punto della mia sorte = se non avrò carte vincenti. In senso allegorico, se la fortuna non mi darà il modo per poter mettere in atto la mia strategia.

(11) flusso = possedere quattro carte dello stesso colore che procurano vincita.

(12) flusso di sangue = mestruo. Allegoricamente questa frase e quella precedente mettono in relazione il flusso delle carte di spada con il flusso mensile delle donne, che non desiderano avere rapporti in quel periodo, per cui meglio cambiare gioco.

(13) gl’amanti regolano i lor gusti col comodino = gli amanti tendono a prestarsi per fare i comodi dell’altro, qui a significare che l’uomo si adatta a non avere rapporti fisici.

(14) sarà a tuono = a tono, cioè giusto per tutti.

(15) simboleità = affinità.

(16) fanno sempre sul depredar le vittorie = prendersi la ragione se l’amante non contraddice.

 

IN QUESTO MENTRE CELSO DISPENSA (1) LE CARTE.  

 

(1) dispensa = distribuisce

 

Forniremo di seguito per ciascuna frase una libera traduzione unita alla spiegazione delle sottintese allegorie amorose.

 

Celso. Non è poco, saper ischernire col giuoco i colpi d’una sanguinosa Fortuna. con queste carte, si fà un brutto scherzo al dolore. Ardelia havete il tratto sarebbe da ridere che da un giuoco principiassero da senno i tormenti. Il trionfo è de cuori”.

 

[Non è cosa da poco saper schernire con il gioco i colpi di una fortuna che ferisce profondamente. Con queste carte è possibile superare ogni dolore. Ardelia, voi ne avete le capacità, e farebbe ridere se, ragionando, un gioco di carte potesse dare inizio a tormenti. La briscola è del seme di cuori].

 

METTE LA CARTA SUL TAVOLIERO(1)

 

(1) tavoliero = tavolo da gioco

 

Ardelia. Voglio giuocar le picche, per togliere ogni fomento alli sdegni. levate che havrò l'armi, rimmarranno vittoriosi gli amori.

[Voglio giocare seme di picche, per togliere ogni stimolo che possa dar adito a risentimento e disprezzo, e quando li avrò eliminati, rimarranno vittoriosi solo gli amori]

 

Silerio. Non hò picche; vi risponderei con fiori, perche non mancassero ghirlande à vostri trionfi, mà ecco vinco co i cuori, perche voglio mitigare con gl'affetti le vostre furie.

[Non ho seme di picche; vi risponderei volentieri con carte di fiori per non fare mancare ghirlande alle vostre carte vittoriose, ma vinco con carta di cuori dato che desidero mitigare il vostro furore con sentimenti d’amore]

 

Raimarte. Giuoco picche acciò non manchi ad Ardelia il ferro per troncare le vostre speranze.

[Io gioco picche, affinché ad Ardelia non manchi il ferro (delle picche, armi d’offesa) per recidere le vostre speranze d’essere da lei amato]

 

Flerida. Ecco picche, perche ho occasione di star su puntigli.

[Ecco, io rispondo con picche, poiché mi si dà l’occasione di dimostrare la mia volontà nel perseguire quanto mi sta a cuore]

 

Celso. Anch'io le giuoco; perche vi cedo l’armi, confessandomi vinto dalle vostre gratie.

[Anch’io gioco picche e mi arrendo a voi (avendo carte di picche, inferiori come potere di presa rispetto a quelle di Flerida), confessandovi di essere vinto dalle vostre bellezze]

 

Albina. Vorrei haverne più d’una per pungere al vivo chi mi traffisse.

[Vorrei averne più d’una per colpire vivamente chi mi trafisse il cuore]

 

Ardelia. Il cuor solo di Silerio s'è opposto à miei trionfi. un'altra volta tornerò à pungere con le picche.

[Solo la carta di cuori di Silerio non mi ha permesso di vincere. La prossima volta tornerò a colpire con carte di picche]

 

Silerio. Ed io come ad’Idolo della bellezza fò un'invito di fiori.

[E io vi invito a giocare con una carta di fiori in omaggio alla Deità della vostra bellezza]

 

Ardelia. Nella caduta de fiori, saranno per esso voi senza frutti gl’autunni.

[Liberandovi dei fiori (carte di fiori) i prossimi autunni saranno per voi vuoti di frutti (non raccoglierete nulla di quanto desiderate)]

 

Raimarte. Può essere che Ardelia sparga fiori, per additare essere il vostro amore un cadavero.

[È assai probabile che Ardelia sparga fiori, per esprimere che il vostro amore è già morto]

 

Flerida. Altro non hò che picche, e quadri, così taglierò ne fiori l’altrui speranze sul verde.

[Io non ho altro se non carte di picche e di quadri, così toglierò, vincendo sulla carta di fiori, ogni speranza ad altri di verdeggiare (vincere)]

 

Celso. Fiorì pure, acciò che privo di leggierezze, mi restino in mano i trionfi.

[Si giochi di fiori allora, affinché senza dimostrare leggerezza in amore restino nella mia mano i Trionfi (le carte vincenti = la vittoria amorosa)]

 

Albina. Chi vuol fiori li prenda, ch'io non curo mangiare in erba le mie speranze.

[Chi vuole vincere sulle carte di fiori le prenda pure, dato che io non affido le mie speranze al mangiare erbe (le carte di fiori) (nell’uso ludico mangiare = vincere)]

 

Silerio. Caschi dunque il ferro sù fiori, ond’io scorgendo l'inimico senz'armi, non temo di vendette.

              fiori ancora.

[Si recidano pertanto i fiori con le picche, cosicché io, scorgendo il nemico senza armi,

non dovrò certamente temere vendette da parte sua. Gioco ancora fiori]

 

Ardelia. Saranno povere le raccolte se si sfiora de suoi germogli vezzosi, l’aprile.

[L’aprile sarà povero di raccolte se si tolgono i petali dai loro vezzosi germogli]

 

Raimarte. Tanti fiori non saranno sufficienti per le conserve del gusto. eccoveli.

[Non sarà sufficiente avere a disposizione tanti fiori per tenere in serbo il gusto. Eccoli a voi]

 

Flerida. Per chi finge ne' fiori, havrò sempre nelle picche come colpirlo di punta.

[Per coloro che fingono (amore) dando fiori, avrò sempre l’opportunità di colpirli con le picche]

 

Celso. Ancora questa di fiori. se bene che starebbono meglio in man delle donne, che si dilettano d'apparenze.

[Gioco di nuovo questa carta di fiori, sebbene questi ultimi starebbero molto meglio nelle mani delle donne che si compiacciono delle sole apparenze]

 

Albina. Orsù raccoglierò con trionfo l'abbondanza de fiori; cosi non si vanterà più Silerio di far cadere con un fiore le donne.

[Suvvia, raccoglierò con una carta vittoriosa questa abbondanza di carte di fiori (poste sul tavolo dai giocatori), così Silerio non potrà più vantarsi di far cadere ai suoi piedi le donne omaggiandole con fiori]

 

Silerio. E pure le donne anco ne’ loro trionfi, sempre perdono il fiore.

[Eppure, le donne anche quando vincono (in amore) perdono sempre il fiore (la loro verginità)]

 

Albina. Perche riserbano il godimento ne' frutti. Giuoco il fante de quadri.

[Questo perché destinano esclusivamente il piacere alla sostanza. Gioco il fante di quadri]

 

Raimarte. Che volete accrescer figure nella galleria delle vostre gratie?

[Volete per caso aumentare le figure (il numero dei vostri spasimanti) nella galleria (nell’elenco) delle vostre bellezze (conquiste)?]

 

Flerida. Si, perche si devon dipingere i trionfi della bellezza.

[Si, perché i successi ottenuti dalla bellezza vanno rappresentati]

 

Celso. Eccovi il Rè de quadri, già che le Donne sanno così bene colorire gl'inganni.

[Ecco a voi il Re di quadri, dato che le donne conoscono assai bene come dar colore agli inganni (saper variare gli inganni)]

 

Ardelia. Fareste meglio adoprare per esso voi le tele, acciò servino di straccio alle vostre piaghe.

[Fareste meglio a usare le tele (riferimento sia al seme di quadri che alle tele dei quadri veri e propri) per il vostro tornaconto, affinché possano servirvi come stracci con cui ricoprire le vostre ferite (d’amore)]

 

Silerio. Vi tributo una Regina, acciò sieno coloriti i vostri trionfi.

[Vi omaggio con la carta di una Regina, affinché fra le vostre carte vittoriose ne troviate di bellissime. (Augurio per un vivido rapporto amoroso)]

 

Celso. Hò vinto. Ecco giuoco di nuovo il due di quadri; perche non mi curo vincere con le pitture.

[Ho vinto io. Ecco, gioco di nuovo il due di quadri dato che non mi preoccupo di vincere con le figure (cioè con le carte del Fante, della Regina e del Re, ma anche, come sopra evidenziato, di non voler vincere facendo ammirare le sue conquiste amorose come se fossero esposte in una galleria di quadri)]

 

Flerida. Mi spiace, che le picche me la fanno prendere per infiņ co’i colori. m’havete vinta con uno straccio.

[Mi dispiace che le picche (i dinieghi dell’amato) abbiano preso la mia carta con tutti i suoi colori (con tutta la varietà del mio sentimento amoroso); mi avete vinta con uno straccio (in riferimento sia alla carta di quadri che alla tela di un quadro)]

 

Raimarte. Trionfando de quadri, havrò vinto gl'inganni. ecco l'Asso di Cori.

[Vincendo con i quadri, avrò vinto ogni inganno. Ecco a voi l’Asso di cuori]

 

Albina. Iopure con cuori rispondo. Havrà terminato Celso d’haver in mano le frodi, non havendo più le fintioni ne quadri.

[Io pure rispondo con cuori, così Celso avrà terminato di avere in mano le frodi (sapere come ingannare una donna), avendo dichiarato di non fingere con i quadri (precedentemente Celso aveva infatti detto di non voler mostrare le sue conquiste come se fossero dipinte in una galleria di quadri)]  

 

Silerio. Volevo conservare un quadro per dedicarlo ad’Ardelia, che imprime cosi bene in le tele i miracoli della sua destra. Darollo à Raimarte, acciò con tanti quadri possa colorire le sue vanità.

[Volevo conservare una carta di quadri per dedicarla ad Ardelia che in tante tele (quadri raffiguranti le sue conquiste amorose) sa esprimere la grandezza delle sue capacità (di conquista). La darò a Raimarte affinché con tanti quadri possa dar risalto alle sue vanità (affinché possa esaltare la sua vanità attraverso tanti dipinti che raffigurano le sue conquiste)]

 

Ardelia. Per levarvi dal cuor la fintione, vi torrei tutti i quadri di mano. ma la forza del giuoco vuole, chę à tanti artificij, io risponda col Cuore.

[Per levarvi ogni finzione dal cuore (affinché diveniate sincero senza più fingere), vi porterei via dalle mani tutti i quadri, ma la regola del gioco richiede che a così tanto vostro fingere io risponda con la carta di cuori (con sentimento)]

 

Raimarte. Lodato il Cielo; hò pur rubbato un cuore, a chi m' hà usurpata la libertà. Giuoco la Regina de cuori.

[Sia lode al cielo, sono riuscito a rubare un cuore a chi ha sottratto la libertà (l’essere libero da rapporti amorosi)]

 

Ardelia. Rispondo con l'Asso di fiori. patienza Raimarte, m'havete fatto restare in asso. Almeno cò miei fiori, tributo ossequij alla vostra Regina.

[Io rispondo con l’Asso di fiori; abbiate pazienza Raimarte, mi avete sorpreso. Almeno con questi miei fiori rendo omaggio alla vostra Regina (donna amata)]

 

Silerio. Chí hà cuori, li consegni a Raimarte, già che sà cosi bene trionfare.

[Chi possiede carte di cuori (chi è innamorata), li dia a Raimarte, dato che sa bene come vincere]

 

Albina. Potrà con tanti cuori, esser più instabile nella sua fede. Gli dò cuori perche sono dipinti.

[Con così tanti cuori, sarà in grado di restare fedele? Io gli do cuori per il fatto che sono dipinti (la carta sulla quale sono dipinti semi di cuori, ma non gli offre il suo amore)]

 

Flerida. Trionferò con la Costanza, se non hò trionfato co' cuori. Non hò fortuna a trionfo, non però voglio dar nelle bazziche (1).

[Vincerò con il mio essere costante dato che non ho vinto con i cuori. Sono sfortunata al gioco dei Trionfi, ma non per questo voglio accontentarmi di amori di poco conto]

 

Celso. Raimarte hà vinto. ma non deve lagnarsi Flerida d'esser perdente, già che sempre fuori del giuoco trionfa. Io però non mi lascierò vincere. Orsù Signori cessiamo da giuochi, e proseguendo l'intreccio vedremo chi sà trionfare in amore.

[Raimarte ha vinto, ma Flerida non deve lagnarsi per questo, poiché vince sempre fuori dal gioco. Tuttavia, io non mi lascerò vincere. Ordunque, signori, smettiamo di giocare, e continuando su questo argomento vedremo chi saprà vincere in amore]

 

                          Si chiude la Stanza 4.

 

(1) bazziche = bagatelle, stupidaggini.

 

Note

 

1. La Magia de Caratteri del Muti, In Venetia, Appresso Benedetto Milocho, M.DC.LXXXII [1682].

2. Sui Ganellini si veda Ganellini seu Gallerini.

3. Sul gioco del Trionfo in epoca cinquecentesca e seicentesca si veda Trionfi, Trionfini e Trionfetti.

4. La Magia de Caratteri del Muti, cit., pp. 66 -71.  

 

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