Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

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Di un vecchio tarocco (sciocco) innamorato

Un sonetto di Pierantonio Carrara - sec. XVII

 

Andrea Vitali, dicembre 2020

 

 

Quasi nulla si conosce di Pierantonio Carrara se non che nacque a Nese, un paesino poco distante da Bergamo, che tradusse l’Eneide di Virgilio e che, oltre a un libro di rime, compose un poema manoscritto in ottava rima dal titolo La Machera dell’Odio e dell’Amore di cui nel Seicento, epoca in cui egli visse, diverse copie si conservavano a Bergamo.

 

Dalla seguente opera intitolata Rime, overo Concetti Abortivi di Genio Poetico divisi in Sacri, Morali, Encomistici, Promisqui, Giocosi, e Familiari 1abbiamo tratto un sonetto dove ancora una volta troviamo il significato della parola ’tarocchi’ come matti, sciocchi, idioti 2.

 

Il sonetto dal titolo Per un Vecchio innamorato si presenta come una satira rivolta a un anziano, il quale nonostante la vetusta età manifestava segni di innamoramento. Venerava pertanto, scrive il poeta, il bambino Cupido il quale, come la sua iconografia lo presenta, era munito di fiaccole a significare l’ardore della passione e di ali in quanto volava ovunque lanciando con la sua faretra frecce amorose su tutti gli uomini senza rispetto per l’età. Non era da meravigliarsi dunque se il vecchio lo adorava, dato che gli anziani si comportano come i bambini in quanto si lasciano trasportare dall’istinto più che dalla ragione.

 

Della sciocchezza dei bambini era convinto Aristotele, probabilmente il primo a sottolineare questo aspetto. Rifiutando di glorificare il bambino, lo assimilò a un nano che per la sua deformità presentava senza dubbio alcuno una mancanza intellettuale: “Tutti i bambini sono nani, ma, progredendo nell’età, nella specie umana si sviluppano gli arti inferiori” 3 e ancora: “Anche fra gli uomini, così anche negli individui maturi conformati come nani, se pure presentano qualche altra facoltà eccezionale tuttavia risultano deficienti quanto all’uso del pensiero” 4.

 

Infatti, continua l’autore, il senno del vecchio era già morto, e il suo funerale sarebbe stato illuminato dalle fiaccole dell’Amore, ovvero di Cupido, il quale dava le piume cioè le ali, a tutti coloro il cui pensiero volava verso l’amore. Due personaggi incapaci di ragionare, di vedere le situazioni nella loro realtà, in quanto Cupido era bendato e il vecchio portava gli occhiali.

 

Poiché non aveva più i capelli, il nostro indossava chiome posticce, cioè una parrucca con la quale nascondeva la sua canizie. Ai piedi, che oramai facevano fatica a sostenerlo, portava due calzari da donna che lo facevano apparire alquanto comico, mentre per soddisfare in ogni cosa la sua amata giungeva faticosamente a piegare perfino il dorso. Per comprendere quest'ultimo passo si può fare riferimento alla raffigurazione di Aristotele cavalcato da Fillide, il cui significato esprime il completo dominio sull’essere cavalcato (fig. 1 - Francesco di Antonio del Chierico, Il Trionfo dell'Amore, da Petrarca, particolare di Aristotile e Fillide, ms. Ital. 545, 1546. Bibliothèque Nationale, Parigi). Questa leggenda, poiché di mito si tratta, riflette la debolezza della volontà nei confronti della virtù rafforzata dall’etica, l’Akrasia di cui parla il filosofo, il quale si compiacque di soddisfare il desiderio di essere cavalcato da Fillide, con ogni probabilità simbolo della debolezza filosofica, divenendo oggetto di scherno da parte di Alessandro, il quale si divertiva a guardare quel vecchio che aveva perduto il senno tanto era preso dalla follia d’amore. In parole povere, l'autore del sonetto evidenzia come l’anziano, pur di non perdere i favori dell'amata, fosse disposto a sopportare qualsiasi peso.   

 

Sarà quindi sufficiente dire che per essere annoverato fra la schiera degli sciocchi, assommando in sé il nome di pazzo, di vecchio e di amante, egli era divenuto, seppure fosse una singola persona, una combriccola di tarocchi (stupidi, idioti, ecc.).

 

Occorre evidenziare come il sonetto appaia dal punto di vista squisitamente letterario di notevole fattura, felice nella scelta dei termini e ancor più nella elaborazione allegorica. Peccato che un personaggio di tale capacità inventiva abbia composto solo le poche opere indicate.

 

Di seguito il Sonetto numero 289 dalla raccolta delle sue Rime.

 

               Per un Vecchio Innamorato.


CVpido è un Dio Bambin, c’ ha faci (1), ed ali,
   Arco, e Faretra, e Tu lo fai tuo Nume?
   Ma che stupor? Per natural costume

   Sono i Vecchi ai Fanciulli in fatti eguali.

 

In Te già morto è il Senno, e ai funerali

   Con le facelle accese Amor fa Lume;

   A la Mente, che vola, Ei dà le Piume;

   Ei bendato, e Tu cieco usi gli Occhiali.

 

De la canizie tua fatticcie chiome (2)

   Son velo; i piè tremanţi orni di Socchi, (3)

   E ’l Tergo adatti a l'amorose Some (4).

 

E basti dir, che, per aver fra Sciocchi

   Loco, di Pazzo, Vecchio, e Amante il nome
   Unendo in Te, fai Cricca (5) di Tarocchi. 5

 

(1) faci = fiaccole

(2) fatticcie chiome = parrucca

(3) Socchi = Calzature leggere sul tipo delle pantofole, usate dai Greci antichi e successivamente adottate dai Romani, quasi esclusivamente dalle donne; presso i Romani erano inoltre le calzature proprie degli attori comici.

(4) Some = pesi, ma qui fatiche

(5) Cricca = combriccola

 

Note

 

1. Rime, overo Concetti Abortivi di Genio Poetico divisi in Sacri, Morali, Encomistici, Promisqui, Giocosi, e Familiari di Pier’Antonio Carrara, Parte Prima, In Venetia, per Gio: Francesco Valuasense, M.DC.XCVI. [1696], p. 327.

2. Si veda Tarocco sta per Matto e i relativi saggi a cui le note rimandano.

3. Aristotile, Le Parti degli Animali, 686 b, 10.

4. Ibidem, 686b, 25.

5. Rime, cit., p. 327.

 

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