Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

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Metafore tolte dal gioco delle carte e tarocchi

Nella lingua italiana

 

Articolo di Andrea Vitali, ottobre 2020

 

In questo articolo abbiamo inteso evidenziare alcuni modi di dire presenti nella nostra lingua italiana che si manifestano come metafore tratte dal gioco delle carte, sia tarocchi che carte comuni. Si tratta per il momento di primi esempi che nel tempo verranno ampliati.

 

BAZZA

 

"La Crusca: BAZZA, Buona fortuna. Metafora tolta dal giuoco de’ trionfini e de’ tarocchi, quando si piglia la carta data senza trionfo. E quando non è presa, né con trionfo né senza, è di bazza. Lat. de lucro est. Berni. Orlandino. Perchè se ben perdesse la giornata, Tu dei pensar, che bazza, e’ non l’avrebbe" (1).

 

MAGGIORE

 

"Nome comparativo. Più grande. Lat. Maior. Diciamo dare il suo maggiore, cioè far l’ultimo sforzo: metaf. tolta dal giuoco de’ germini, o de’ tarocchi, quando si da la carta di più valore. Lat. omnem lapidem movere" (2)

 

"Dare il suo maggiore, Tolto dal giuoco dei germini, o vero dei tarocchi, nel quale sono i trionfi segnati col numero, è dire quando alcuno poteva e sapeva dire di più, in favore, o disfavore di chi che sia; e perché le trombe sono il maggiore de’ trionfi del passo, dar le trombe vuol dire fare l’ultimo sforzo" (3).

 

BA’DDA

 

"s. f. corpo di figura rotonda, Palla. – 2. Specialmente s’intende di quella da giuocare, e sono di varie sorti, onde figurat. Aviri la badda mmanu, vale avere in sua potestà checchessia. Aver la palla in mano, ed è una delle figure nei Tarocchi" (4).

 

PAPINO

 

"È il nome che nel giuoco delle minchiate si dà alla prima carta di Tarocchi. Fare un papino, lo dicono in Toscana i giuocatori di biliardo per Pigliar male una palla con la stecca, e sbagliare il tiro" (5).

 

HO LASCIATO AFFATTO

 

"Metafora presa dai tarocchi, quando si dà la carta di maggior valore" (6).

 

ESSERE RE DI TAROCCHI 

 

Vale per essere un nonnulla, Re di niente.

 

"Insomma Raimondo doveva cessare di essere un Re di Tarocchi, per diventare un uomo” (7).

 

"I così detti re da tarocchi colla corona, il manto e lo scettro sono brutte copie dei Cesari Bizantini e dei Monachi orientali, e ci richiamano quella bastarda monarchia d’Europa che s’intitolò legittima" (8).

 

"Vestiva decentemente e con cura, ma sul cappello portava penne, ritagli di carta con figure bizzarre, teste dei re da tarocchi, pezzi di latta frastagliati in modo da raffigurare un triangolo, il sole, un'aquila bicipite, un serpente e l'anno 1878; al collo pendevagli un grosso fazzoletto annodato con un pezzo di latta tagliato a forma di corona. Questi ed altri oggetti simili, sebbene privi di valore reale, erano insegne e simboli del suo potere e ne era gelosissimo custode" (9).

 

Novella IX della Giornata Prima del Decamerone. Volgarizzata in diversi volgari d’Italia.

 

Testo originale:

"La qual cosa udendo la Donna, disperata della vendetta, ad alcuna consolazion della sua poja, propose di volere mordere la miseria del detto Re: e andatasene piangendo davanti a lui disse… " (10).

 

In lingua veneziana

"Quando quella grama senti sto refolo di sto Re da tarocchi, se la vite persa e, desperà de trovar chi per fare lo so vendette fesse el so dretto a quei mascalzoni, che l'aveva offesa, con che la podesse aver qualche refrigerio alla so passion, dentro al so cuor determenete d' andar a dar una sperona in tol viso a quel Buffallo da Mestre de quel Re, e cosi andandoghe innanzi disse, Signor do parole piasandove…" (11).

 

"O intrepidi cavalieri di Malta, di Calatrava, di santo Stefano, e voi quanti moriste per mare e per terra sans peur et sans tâche ad onore del vostro Dio e della vostra donna, voi tutti che vi ravvolgeste, quasi in funebre lenzuolo, nelle vostre bandiere, o tornaste in patria coi vessilli trionfati degl'infedeli, che direste, uomini di ferro, se rompendo con un pugno il coperchio del sepolcro, veder doveste le gloriose vostre insegne poste a ludibrio sul petto di un re da danari, di un re da tarocchi, che si ride egualmente di Mosè, di Maometto e di Cristo, e non adora che Mammona! Oh abbassate ben bene sul vostro volto la visiera di ferro e di marmo, rattuffatevi nelle tenebre del sepolcro e della barbarie per non vedere le vergognose puerilità dei tempi detti civili" (12)

 

Al municipio di Roma che faceva testė cancellare tutte le insegne non italiane un signor Mangin, prefetto della polizia francese, ordina che si rimettano le mostre francesi in ogni dove! Non ė egli un re da tarocchi il papa?! E che fanno eglino i sindaci delle città dello stato i quali si lasciano in questa bisogna pigliare il passo dal municipio di Roma?  (13)

 

ESSERE COME IL MATTO NE’ TAROCCHI

 

"Entrar per tutto, ed Esservi accetto, grato – Io ero tra loro (come / Si dice) il matto ne’ tarocchi, e ‘l sale / Delle Vivande loro e de’ banchetti (Cecchi. Corredo. 3,6)" (14).

 

"Quando l’h si trova in mezzo di lettera o in fine, come s’è detto di sopra alla lettera g, ci serve, come il matto ne’ tarocchi, per comodo di qualch’altra lettera, la di cui pronuncia sarebbe a gran pena determinata senza l’assistenza di questo segno" (15).

 

"La Cattedrale di Westminster, cioè la Badìa, s’ ha pure anch'essa la sua considerevole magnitudine, quando non si paragoni al nostro Duomo di Milano, che la vince a più doppj, vuoi in misura, vuoi in marmi, o vuoi in adornezza. La Badìa è d'architettura gotica, e bujamente maestosa, comechè d'uno stile diverso da quello del nostro Duomo. Chi ne fosse l'architetto non lo so. Gli è in esso che sono riposti i cadaveri di molti Re, di molti letterati, di molti guerrieri e di molti artefici singolari e famosi a' loro dì: La più parte degl'insigni poeti inglesi hanno quivi o l'ossa, o la statua, o il busto, o almeno una lapida. Fra di essi, come il matto ne' tarrochi, v' è Saint-Evremond, francese, di corta suppellettile (1) tanto in filosofia quanto in poesia. Un suo aulico inglese lo fece seppellire in essa, pagando non so quanti danari. E qui bisogna dirvi che l'onore di far sotterrare se stesso o altri in quella celebre Badìa si paga a contanti" (16).

 

(1) L'espressione "di corta suppellettile" significa che Saint-Évremond era considerato dallo scrittore (a torto) un autore di scarsa importanza. In senso figurato, infatti, per suppellettile si intende l'insieme delle nozioni che arricchiscono la cultura fondamentale. La definizione corta lo identifica come un autore che ha arrecato uno mediocre contributo al sapere.

 

"Egli era il primo e più autorevole di quel comune, sindaco, procuratore, arcifanfano, il tutto del luogo, e non era partito da prendere, spesa da fare, trattato, vendita o compera, che fosse non che fatta, ma nè pensata senza di lui che in tutto mettea la mano; ed era come il matto ne' tarocchi; ed era di tutte le cose da popolani creduto meglio che il simbolo degli apostoli; ed oltre a questo, egli sapeva dove il diavolo tien la coda, ed era di acuto conoscimento" (17).

 

"G. E non è forse vero che i Frati e gli Abbati entrano giusto nella compilazione de' nostri Vocebolarj come il matto ne' tarocchi?" (18).

 

"M. Gentile: O fratel, quivi
Son’ io, in casa mia; io burlo, io canto,
I’suono, i’ ballo, i’ fo de giuochi, io dico
Delle novelle; in somma: io son tra loro
Com’è il pazzo ne’ tarocchi.

Geppo: O propria Comparazione!" (19)

 

VALERE QUANTO IL DUE DI COPPE

 

"Comanda come il due di coppe, quando la briscola è bastone" (20).

 

"Quello vale come il due di coppe, quando briscola è denari!" (21)

 

"Un popolo sovrano che non ha nulla di suo da dire, senza opinioni proprie, conta come il due di coppe" (22).

 

ESSERE UN ASSO DI TAROCCHI

 

Se  Essere un Asso si dice di persona intelligente o molto esperta in una particolare disciplina, essere un Asso di tarocchi, considerato che la parola tarocco significava balordo, matto. sottolinea una persona ricca di idiozie.

Nei versi “L’è pure in bel asso de tarocchi” (23) l’aggettivo ‘bel’ fra l’altro amplifica il concetto, dato che nella nostra lingua ricorriamo a questa parola per sottolineare maggiormente una condizione, come ad esempio nelle espressioni dispregiative tipo “è un bel cretino, è un bell’idiota”.

 

AVERE IL MAZZO IN MANO 

 

"Avei ' l mass ' n man: Avere il mazzo in mano, dice sempre tutto lui" (24). 

 

VOLTARE LE CARTE IN MANO 

 

"Volte le carte ' n man. Voltare le carte in mano. Tentare un inganno" (25)

 

VOCE PAPESSA

 

Parere una papessa

Avere un tono solenne e sostenuto

 

Per estensione:  Donna eccessivamente bigotta (anche nell’espressione Papessa da tarocchi)  (26).

 

VOCE PAPA

 

Come un papa, da papa

Per indicare una condizione di benessere

 

Neanche il papa

Nessuno al mondo 

 

Non vedere, non poter vedere il papa

Non riuscire, per incapacità propria

 

Dare retta a qualcuno come il papa ai furfanti

Non badargli minimamente

 

Entrarci  come papa sei nelle minchiate

Non avere alcuna attinenza con la cosa trattata. Proverbi toscani, 364: C’entra come san-buco in cielo, come papa sei nelle minchiate, come Pilato nel Credo, come il cavolo a merenda. (27)

 

Di seguito quanto riportato al riguardo dal celebre Dizionario curato da Nicolò Tommaseo (28).

 

VOCE CARTA

 

Arrischiar la carta

Per similitudine vale risicare

 

Dar tutte le carte.

Cedere facilmente alle voglie altrui

 

Dar o tenere le carte basse

Discorrere o trattar di checchessia cautamente, e senza scoprire tutto l’affare

 

Far le carte, e tutte le carte

Spadroneggiare, prevalere o in fatti, o in parole

 

Forzar la carta o le carte,

Spingere le cose tropp’oltre

 

Fortunato in amor non giochi a carte

Non ha bisogno di distrazioni; troppo è distratto, e non ha né anco il raccoglimento che richiedesi al giuoco

 

Giocar bene la sua carta

Fare il suo gioco, servirsi bene delle occasioni

 

Giuocare una carta

Tentare uno espediente

 

Mutare altrui le carte in mano.

Scambiare le parole dette, o il loro significato e l’effetto, voler fargli credere o fare altro da quel ch’egli intendeva che tu volessi

 

Succhiellare una carta

Serbarsi con cura uno espediente dal quale poi trarre profitto

 

Tener su le carte.

Non iscoprire la sua intenzione

Usare artificio, farsi, rendersi prezioso, star su sostenuto

 

Giuocare a carte scoperte

Non dissimulare i propri vantaggi e le mire

 

Carte in tavola!

Discorsi e patti chiari

 

Altre espressioni tratte dall’opera di Gustavo Strafforello La sapienza del Mondo del 1883 (29). La spiegazione delle sentenze sono dello scrivente

 

VOCI GIOCO - GIOCARE - GIOCATORI

 

Al gioco bisogna giocar le carte come si hanno

Quando si fa un affare occorre mettere in campo quanto si possiede, senza bleffare

 

Chi vince il gioco dee pagar le carte  

Colui che ottiene un guadagno deve pagare il dovuto a colui o coloro che vi hanno contribuito

 

Chi non capisce il gioco non mescoli le carte

Colui che non comprende come funzionano certe situazioni non si metta nel mezzo

 

Se non vuoi giocar lascia star le carte  

Se non vuoi fare un affare, non te ne occupare

 

Non si può giocare se non quel che danno le carte

Occorre investire con ciò che si possiede

 

Quei gioca per perdere, che dà le carte come gli vengono poste in mano

Affrontare una situazione senza valutare le proprie azioni

 

Chi ha fortuna, gioca bene con cattive carte 

Colui che è baciato dalla fortuna vince sempre, anche se non possiede alcunché di straordinario per ottenere i risultati

 

Chi ha cattivo gioco rimescola le carte  

Colui che non riesce a ottenere dei risultati, ritenta con altri modi

 

Per parlare di gioco, bisogna aver tenuto le carte in mano

Per sostenere come fare un affare, occorre avere l’esperienza necessaria

 

Tenere le carte

Occuparsi degli affari propri

 

Un ricco giocatore stava in fin di vita, ed il parroco che lo assisteva, dopo averlo esortato a pensare alle cose dell’anima, lo invitò a far qualche lascito alla parrocchia bisognosa. A queste parole il giocatore moribondo si scosse tutto esclamando: Signor Parroco, tenete le carte a voi; io veggo il vostro gioco, e spirò.  (Frase riportata dall’autore)

 

Chi gioca a primiera e non va a primiera perde a primiera

(Andare a primiera è tenersi in man quelle carte che poi conducono a far primiera)

Chi vuole ottenere un successo e non riconosce le situazioni giuste per ottenerlo non lo ottiene

 

Il gioco non è ancora vinto, le carte sono ancora sulla tavola

Il successo non è ancora stato raggiunto, poiché ci sono ancora situazioni da sistemare

 

I giocatori rimescolano le carte, e il Diavolo i cuori 

Chi agisce per modificare le situazioni a proprio favore, nel suo cuore si agita l’audacia

 

VOCE MATTO

 

Ai matti toccano le meglio carte

Coloro che non stanno troppo a ragionare sono i più favoriti

 

VOCE FORTUNA     

 

A cui la fortuna mescola le carte, ha buon giocare

Ha buon successo colui che è aiutato dalla fortuna

 

VOCE INGIUSTIZIA

 

Dove l’ingiustizia è il trionfo, tutte le altre carte perdono il gioco

Quando l’ingiustizia vince [Trionfo = Arcano Maggiore.  I Trionfi posiedono un potere di presa superiore alle carte numerali nel gioco dei tarocchi], tutti gli altri perdono

 

VOCE GIOVENTÙ - GIOVINEZZA     

 

La gioventù gioca le buone carte da principio, la vecchiaia serba i trionfi all’ultimo

I giovani danno il loro meglio all’inizio, i vecchi all’ultimo momento

 

VOCE GENTE  

 

Gente vecchia, dee lasciar dadi e carte

È bene che i vecchi non affrontino situazioni pericolose perché non hanno la giusta intraprendenza

 

VOCE LIBRO

 

Libro del quaranta

Carte da gioco

 

Ei sfoglia volentieri il libro dei Re

Gioca volentieri alle carte   

 

Legge volentieri il libro di 52 pagine

Gioca volentieri alle carte

 

VOCE MONDO  

 

Il mondo è il mazzo di carte di Domeneddio  

 

 

DI SEGUITO ALTRE METAFORE TRATTE DAL GIOCO DELLE CARTE

 

Usare l’Asso di bastoni

Usare maniere forti, picchiare

 

Essere l’Asso di Briscola

Si dice di persona autorevole, in grado di risolvere le situazioni. Nel gioco delle carte, l’Asso è la carta con maggiore potere di presa

 

L'Asso di Briscola

Trovare la soluzione giusta per risolvere una situazione

 

Avere un Asso nella manica

Possedere risorse non ancora espresse per vincere in una determinata situazione, quando questa sembrerebbe sfavorevole. Con un asso nascosto nella manica, un baro in occasione dei una partita che sta perdendo, ne può mutare il risultato

 

Il piatto piange

Mancanza di qualcosa che deve essere in qualche modo recuperata. Frase indirizzata a un giocatore di carte quando tarda a porre sul tavolo i soldi riguardanti la puntata accettata

 

Bussare a denari

Chiedere soldi a qualcuno (derivazione dalla tradizione napoletana)

 

Bleffare

Far credere una verità non vera, allo scopo di ingannare qualcuno. Dal gioco del Poker

 

Briscola!

Parola che esprime la soddisfazione per un risultato ottenuto o per un’idea vincente

 

Valere come il due di picche

Valere nulla, come si dice del due di coppe

 

Dare il due di picche

Non osservare quanto precedentemente promesso

 

Chiedere denari e ricevere coppe

L’espressione “ricevere - o rispondere - coppe” è legata alla locuzione ‘rispondere picche’ e anche ‘dare il due di coppe’ che, in senso figurato, ancora ai nostri giorni significa negare o rifiutare decisamente qualcosa. I giocatori di carte sanno che il due di picche è la carta di minor valore del mazzo, ma sufficiente a volte per far perdere la partita e quindi a ‘buttar fuori’ l’avversario. Metaforicamente colui che dà il due di picche, o il due di coppe o risponde picche o coppe, lascia intendere che le sue intenzioni non sono favorevoli al richiedente.

 

Piantare in Asso

Abbandonare qualcuno da un momento all’altro senza preavviso. Due possibili derivazioni: fare il punto più basso in certi giochi di carte, dove l'Asso ha il minimo potere d presa, per cui si  abbandona la partita. Altra ipotesi: frase derivata dalla mitologia greca. Teseo dopo aver sconfitto il Minotauro grazie all’aiuto di Arianna, una volta uscito dal labirinto portò con sé Arianna nell’isola di Nasso, dove poi l’abbandonò senza che il mito ne rivelasse il motivo. Nell'italiano colloquiale il toponimo esotico Nasso si sarebbe ben presto trasformato in un più comune ‘asso’

 

Giocare una carta

Tentare un colpo

 

Giocare la propria carta

Nelle situazioni più diverse, utilizzare le proprie possibilità

 

Fare un castello di carte

Pensare a qualcosa ritenedo di riuscire nell'impresa senza averne i mezzi o l'intelligenza necessaria

 

Avere buone carte

Possedere buone possibilità di riuscita

 

Fare carte false

Fare di tutto, anche cose non lecite, per ottenre i risultati sperati

 

Giocare a carte scoperte

Muoversi senza inganno, palesando appieno le proprie intenzioni e le proprie azioni

 

Giocare tutte le carte

Mettere in campo ogni risorsa pur di ottenere il risultato

 

Cambiare le carte in tavola

Modificare un'idea, un'opinione. 'Pro domo propria' modificare qualcosa precedentemente comunicato o deciso con altri

 

Imbrogliare le carte

Modificare una situazione per fini personali, rendendo difficile da comprenderne il reale suo stato e sviluppo.

 

Mandare a carte 48

Mandare tutto all'aria,  rinunciare, anche distruggere o uccidere. Sembra derivare dall''anno 1848 quando scoppiarono rivoluzioni in tutta Europa contro i poteri monarchici, da cui anche l'espressione "succede un 48". Altra origine dubbia farebbe derivare l'espresione dal gioco della scopa napoletana, dove esiste la regola del 48, consistente nel ricordare le mosse degli avversari, cosa che richiede una grande memoria suscettibile di stancare fino al limite, tanto da far esaurire per stanchezza mentale.

 

Giocare una partita a tarocchi (espressione storica)

Muovere guerra, azione mirata a uccidere qualcuno

 

Oh Ungheresi, se davvero pensate a giuocare una partita a tarocchi col vostro aguzzino, decidetevi presto, chè passato lo punto gabbato lo santo (30).

 

"addesso che havete giocato à tarocchi, che la ronfa è andata in nulla”, cioè “ora che avete giocato a tarocchi, e che il risultato è stato nullo”, dove per gioco dei tarocchi si deve intendere una tentata azione per uccidere il Cardinale carlo Borromeo e la “ronfa andata in nulla” il suo insuccesso (31).

 

Concludiamo riportando da Orlando Pescetti i suoi Proverbi Italiani di estremo interessein quanto dati alle stampe nel 1598 (32)

 

Dar le carte alla scoperta

fig. Dir liberamente, e senza alcun riguardo il suo (33)

 

La cosa è ita a monte

S’è messa d aparte. Metafora presa da giuocatori, de’ quali è proprio metter le carte à monte (34).

 

Tu me l’hai tolta della mano

Tratto da i giuocatori, che qualche volta perdono il giuoco della mano. E la mano si dice aver colui, quale si dan prima le carte, ò che è il primo a tirar dadi. (35)

 

Non si possono sforzare le carte

Non si può andar contro la sorte (36)

 

Egli m’ha per le due coppe

Per buona da niente. Le due coppe sono una delle peggiori carte del mazzo (37)

 

Voi mi scambiate le carte in mano

cioè, Voi me scambiate una in un’altra cosa (38)

 

Non giouchi à carte chi non ha ventura

Chi è perseguitato dalla fortuna è meglio che si astenga dal giocare a carte [n.d.c]          (39

 

e’ nacque con le carte in mano, e’ sta in su’ l giuoco dalla mattina alla sera.

Dicesi dei fanulloni per carattere [n.d.c]  (40)

 

Dar nelle scartate

Così scriveva nei suoi Tre Discorsi Girolamo Ruscelli nel 1553 al riguardo: "Discorso Primo. Dar nelle scartate ch'io uso alcune volte, in vece di prendere errore, voi ben vedete che è proverbio traportato da coloro che giocando à carte, vengono secondo i giuochi à scartare le men buone, et perche aviene che alcuno ó per usar fraude, ò per altro prenda qualch’una di quelle cartaccie, credendosi di pigliarne una delle buone, di qui si dice poi come per proverbio, darsi nelle scartate, il quale oltre che é proverbio usato molto, è ancor ben traslato, et vago, et tale che à chi mai non lo havesse inteso altre volte, si fa intendere alla prima per se stesso" (41).  

 

Note

 

1 - Vocabolario degli Accademici della Crusca, In Venetia, Per Combi, e La Nòu, M.DC.LXXXVI [1686], p. 122.

2 - Ibidem, p. 530.

3 - Opere di Benedetto Varchi, Volume Secondo, Trieste, Dalla Sezione Letterario- Artistica del Lloyd Austriaco, 1859, p. 54.

4 - Opere di Vincenzo Mortillaro. Marchese di Villarena, Palermo, Stamperia di Pietro Pensante, 1853. p. 104.

5 - Vocabolario della Lingua Italiana compilato da Pietro Fanfani per uso delle Scuole, Firenze, Felice Le Monnier, Editore, 1865, p. 1070.

6 - Alessandro D'Ancona, Orazio Bacci, Manuale della Letteratura Italiana. Secoli XVI -XVII, Volume Terzo, G. Barbèra, 1897, p. 229.

7 - Luigi Baldacci, La musica in italiano: libretti d’opera dell’Ottocento, Rizzoli, 1997, p. 165.

8 - G.B. Cuniglio, Della Monarchia e dei Partiti Politici in Italia, Torino, Tipografia Alessandro Fina, 1889, p. 92.

9 - Archivio di Psichiatria, Antropologia Criminale e Scienze Penali per servire allo studio dell’uomo alienato e delinquente, Dir. Cesare Lombroso, Volume Primo, Torino e Roma, Ermanno Loescher, 1880, p. 6.

10 - Lionardo Salviati, Avvertimenti della Lingua sopra ‘l Decamerone, Volume Secondo, Milano, dalla Società Tipografica De’ Classici Italiani, 1810, p. 330.

11- Ibidem, p. 334.

12 - Pietro Giuria, La Civiltà e i suoi Martiri, Volume Primo, Voghera, 1857, p. 254.

13 - Giovanni Siotto-Pintor, L'Italia e i Ministri della Corona, Milano, Presso l'Agenzia dei Fratelli Sonzogno, 1864, p. 252.

14 - Luciano Scarabelli, Vocabolario Universale della Lingua Italiana, Volume Quinto, Milano, Edito a spese di Giuseppe Civelli, MDCCCLXXVIII [1878], p. 312.

15 - Joseph Baretti, A Grammar of the Italian Language, With a copius Praxis of Moral Sentences, London,MDCCLXXVIII [1778], p. 132.

16 - Si veda al riguardo il saggio Tarocchi in Letteratura I

17 -  Novelle di Antonio Cesari, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Napoli - Roma, 1872, p. 156.

18 -Continuazione delle memorie di Religione di Morale e di Letteratura, Tomo IX, Modena, Dalla Reale Tipografia Eredi Soliani, 1840, p. 454.

19 - Il Servigiale, Comedia di Gio. Maria Cecchi Fiorentino, In Fiorenza, Appresso i Giunti, 1561, p. 28.

20 - AAVV, Proverbi & modi di dire. Emilia-Romagna. Polenta e latte ingrassano il sedere - Pulëinta e lat ingràsan il cülat, Milano, Simonelli Editori, 2013, p. 116.

21 - Enrico Brizzi, Tu che sei di me la miglior parte, Milano, Mondadori, 2018, s.n.p.

22 - Lorenza Foschini (a cura), Giovanni Sartori. La Democrazia in Trenta Lezioni, Milano, Oscar Mondadori, 2008, p. 19.

23 -  Si legga al riguardo il saggio Un bel asso de tarocchi - 1613

24 -  Archivio per lo studio delle tradizioni popolari, Volume 19, Sala Bolognese, Forni, 1990, p. 483.

25 - Idem.

26 - Grande Dizionario della Lingua Italiana, Utet, Vol. XII,  online al link http://www.gdli.it/Ricerca/Libera?q=papessa

27Grande Dizionario della Lingua Italiana, Utet, Vol. XII, online al link http://www.gdli.it/Ricerca/Libera?q=papa&page=90&as=1.

28Nicolò Tommaseo - Bernardo Bellini (a cura), Dizionario della Lingua Italiana, Volume Primo, Parte Seconda Torino, Dalla Società l’Unione Tipografico - Editrice, 1865, 

29 - Gustavo Strafforello, La Sapienza del Mondo ovvero Dizionario Universale di Tutti i Popoli. Con l’aggiunta di Aneddoti, Racconti, Fatterelli e di Illustrazioni Storiche, Morali, Scientifiche, Filologiche, Ecc., Volume Secondo,Torino, Editore Federico Negro, 1883.

30 -  Gazzetta del Popolo, Anno VII, 1864, N° 96, Torino, p. 3. 

31 -  Si legga al riguardo il saggio Crittografia con i Tarocchi nel Cinquecento.

32 - Proverbi Italiani Raccolti per Orlando Pescetti, In Verona, Presso Girolamo Discepolo, MDXCVIII [1598.]Di questo autore abbiamo riportato altri suoi proverbi al saggio I Proverbi Italiani di Orlando Pescetti.

33 - Ibidem, p. 35.

34 - Ibidem, p. 195

35 - Ibidem, p. 475.

36 - Ibidem, p. 189.

37-  Ibidem, p. 378.

38 - Ibidem, p. 213.

39 - Ibidem, p. 95.

40 - Ibidem, p. 56.

41Tre Discorsi di Girolamo Ruscelli, A’ M. Ludovico Dolce. L’Uno intorno al Decamerone del Boccaccio, L’altro all’Osservationi della lingua volgare, et il terzo alla tradottione dell’Ovidio, In Venetia, Per Plinio Pietrasanta, MDLIII [1553], p. 38. 

 

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