Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

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Il giuoco di Tarocchi: un simbolo dell'Humana Vita

Francesco Fulvio Frugoni - 1669

 

 Andrea Vitali, maggio 2018

 

 

Sulle opere di Francesco Fulvio Frugoni e i tarocchi abbiamo già scritto in diversi nostri interventi1. Riprendendo quest’autore, veniamo edotti sul suo pensiero riguardo al gioco e ai giocatori in genere e nello specifico perché considerava i tarocchi, così come qualsiasi altro gioco, un simbolo della vita umana 2. L’opera in questione dal titolo De’ Ritratti Critici, venne pubblicata nel 1669 a Venezia. Nel secondo volume l’autore discorre, in forma critica come il titolo evidenzia, di diverse genie di personaggi degni di attenzione per loro qualità negative: i crapuloni, i bevitori, i giocatori, gli oziosi e gli ignoranti. Nella sezione ‘Il Giucatore’ l’autore prende in esame i diversi tipi di giochi, di seguito elencati:

 

Il giuoco di Scacchi

Il giuoco di Pallone

Il giuoco di Palla

Il giuoco di Rachetta

Il giuoco di Pallamaglio

Il giuoco di Voletto

Il giuoco di Trottola

Il giuoco di Scimmie

Il giuoco di Boccie

Il giuoco di Trucco

Il giuoco di Calcio

Il giuoco di Canne

Il giuoco di Tocco

Il giuoco alla Cieca

Il giuoco di Ascoliasmo

Il giuoco di Epostracismo

Il giuoco di Altaleno

Il giuoco di Funambolo

Il giuoco di Castelletti

Il giuoco di Sbarraglino

Il giuoco di Coperta

Il giuoco di Mano

Il giuoco dell’Oca

Il giuoco di Tarocchi

Il giuoco di Dadi

Il giuoco di Carte

 

Scrive al riguardo il Frugoni: “Fra tutti i Simboli sotto i quali pennelleggiata si ombreggia l’Humana Vita, quello, a mio credere, del Giuoco, è il più dottrinale”.

 

In tal modo satireggia il gioco dei Tarocchi:

 

“Ella [cioè ‘l’Humana vita’] è un Giuoco di Tarocchi, dove tutto il Mondo leggiero, e dìpinto non hà sol, che apparenza, nel quale il Bue 3 prevale al Lione, la Giustitia và dietro a’ Nudi, la Morte prende i Magnati, il Diavolo è scoperto poco, il Matto è coperto sempre, il fuoco è grande quando si alza: in cui non contano i Tarocchi minori: chi hà la Stella verticale 4 propitia guadagna: chi tien in mano l’argentea Luna non l' hà in testa scema: chi hà i raggi d’un’aureo Sole non è colto dalla freddura spogliato; ma finalmente il Giuoco và a monte, e con una Tromba finito intima la raccolta, e la ritirata” 5.

 

Dalla sua descrizione inerente all’aspetto sia ludico che simbolico dei tarocchi, scopriamo che la carta del Mondo - dove sono raffigurati i quattro Evangelisti in forma animale fra cui Luca nelle sembianze di un Bue - prevaleva sulla carta della Forza; che la carta della Giustizia seguiva quella del Giudizio 6 dove per ‘Nudi’ sono da intendersi i morti che in tale stato uscivano dagli avelli; che la Morte uccideva i Magnati, cioè i potenti; che il Diavolo veniva giocato il meno possibile mentre il Matto svolgeva un ruolo di grande importanza nel gioco; che il fuoco, ovvero la Torre, quando veniva giocata otteneva un buon punteggio. Le carte numerali e di corte valevano poco, dato che le carte da briscola erano rappresentate dai trionfi e ancora che colui che possedeva la Stella poteva certamente aspettarsi una buona presa, e lo stesso per chi possedeva la Luna d’argento, mentre chi teneva nelle mani il Sole non avrebbe dovuto temere di perdere i propri abiti con conseguente ghiacciatura. Ma poi il gioco veniva annullato e con la carta del Giudizio, dove un Angelo veniva raffigurato suonare la Tromba, 7 tutte le carte venivano raccolte e ognuno tornava verso casa.   

 

Continuando a parlare di tarocchi, il Frugoni tirò in ballo una certa donna di nome Elfreda la quale

 

“Col dare sovente cappotto il toglieva a chi non haveva più contanti; e di questo si gloriava asserendo, che lo spoglio era lecito in buona guerra; ma buona guerra non era quella in cui si giucava con tanti stratagemmi, e si feano tante ingiustissime rappresaglie. Nel giuoco di Tarocchi divenivanli tutti coloro, che con essa il praticavano, perche l'astuta famelica si sfamava bene spesso con far de pasticci d’aria per impinguarsi: e veramente Donna di tanta ambitione non dovea nutrirsi; che solo d’aria. D'aria non si nutriva però serena, ma di quella, che pioveva tempeste pretiose. Gran genio havea a questo giuoco, nè me ne maraviglio, perche v’è dentro il Diavolo; ma guarda, ch’ella mai lo scoprisse, perche sapea tenerlo coperto colla sua simulatione, come sogliono far gl'Hipocriti, che sono tutti indemoniati. Non l’alzava, ma era da quello alzata, essendo costume dell'empio il porgere aiuto a’ suoi partiali. In ristretto giucava Elfreda a Tarocchi con gran simpatia, per esser giuoco di molte bestie; e perche v'hà tutto il Mondo godeva la vana di haverlo in pugno, benche dipinto” 8.

 

Proseguendo a descrivere la donna intenta al gioco dell’Oca, assicurò che ella non era oca per niente, essendo oche gli altri che lei ripetutamente spennava, i quali una volta spennati se ne ripartivano per impiumarsi di nuovo per poi tornare a farsi spennare. Insomma, per il Frugoni l’ingordigia tiranneggiava le donne nel gioco. Gli uomini, nobili compresi, erano invece dei grulli che si facevano abbindolare dal gentil sesso. A proposito di uno di loro scrive:

 

“Un Principe Francese di nascita famosissimo, e di gentile, ma bizarissimo humore era di guisa cortigiano delle Dame, che non sapea contradire ad esse anche nel giucare, perche perdeva appostatamente per guadagnarne il genio, parendoli, che col passare si fermasse nella loro procurata benevolenza. Giucando co’ Cavalieri sempre vinceva, giucando colle Dame sempre era vinto. Erano queste per lui Reine di fiori, ed egli per esse fante di Denari, perché portava loro sempre il contante per lasciarle contente; gelosissimo (1) delle sodisfattioni di quelle, che godevano di spiumar questo Gallo senza mai farlo gridare” 9

 

(1) gelosissimo = che non tollerava interferenze di altri che potessero comportarsi allo stesso suo modo.

 

La critica mordace si stempera così in una prosa che suscita il riso, dove allusioni velate di rapporti di natura sessuale s’insinuano fra le carte da gioco grazie ai favori elargiti dal Principe alle signore. Certo è che le parole del Frugoni, al di là di un sapiente comporre, non si distaccano dagli abituali cliché di condanna, in questo caso per la perdita di denari, dei propri abiti e delle proprie case. Ma per gli amanti dell’azzardo si trattava di adrenalina pura, di un amore che travalicava ogni altro sentire. Ci fu uno ad esempio, cita il Frugoni, il quale per volontà testamentaria volle che dopo morto con le sue ossa si costruissero dadi e che con la sua pelle si coprisse la tavola da gioco. Poiché egli aveva scorticato tanti suoi compagni di ventura, intese da morto essere scorticato, ritenendosi indegno di trovare la pace.

 

Il commento del Frugoni al riguardo non poteva che basarsi inevitabilmente sulla legge del contrappasso:

 

“Sì certo, che scortica il Giucatore, & è scorticato, perche ars deluditur arte (1); e quando si trova di haver fatta grossa la cotica con l’inganno, non manca chi gli levi fino alla pelle. Molti guadagnando ingiustamente van facendo un boccone al Lupo (1). Le Case si fanno, e si disfanno coi dadi, ma perche questi sono macchiati, & instabili, quelle sono segnate, e non sussistenti. […]  alcuni uscirono dagli stracci cenciosi, col saper maneggiare gli stracci pesti: s’impinguarono con l’ossa, si stabilirono col vada, divennero primi colla primiera, s’alzarono colla bassetta, risanarono col flusso, trionfarono col trionfetto, si multiplicarono col quaranta, e co Tarocchi non furono più per Tarocchi tenuti” 10.

 

(1) ars deluditur arte = espressione presa a prestito dal proverbio latino "L'arte dall'arte è schernita" (Distico 26 del primo libro de I Costumi attribuito a Catone). In questo caso: 'il mestiere ingannato dal mestiere' oppure 'lo schernitore di scherno è vinto'.

 

In italiano corrente la frase potrebbe essere liberamente così tradotta con l’aggiunta di alcune spiegazioni:

 

“Si, certamente il giocatore scortica, cioè porta via denari o altri beni agli altri ed è a sua volta scorticato, dato che il mestiere (di baro) viene ingannato dal mestiere (di altri bari più bravi), e quando il giocatore si trova nella situazione di aver messo da parte una grossa cotica, cioè un bel mucchio di soldi o di beni, con l’inganno (praticamente barando) non manca chi gli restituisce quanto ha commesso. Molti, avendo guadagnato con azioni ingiuste, non fanno altro che mettere da parte un bel boccone (gruzzolo) per il Lupo, ovvero per i parenti. Le case si fanno con i soldi vinti ai dadi e si perdono allo stesso modo, ma dato che i dadi sono segnati (truccati) e instabili, dato che poi molto dipende dalla fortuna, le stesse case spesso vengono perse. Qualcuno smise di indossare abiti cenciosi per indossarne di belli, sapendo come maneggiare i dadi e le carte: ingrassarono il loro patrimonio vincendo ai dadi, trovarono la tranquillità economica dicendo vada (parola usata dai giocatori per dire: “gioco, vedo cosa hanno gli avversari), assursero a ruoli sociali di prim’ordine vincendo a primiera (gioco di carte), si innalzarono giocando a bassetta (gioco di carte), rimisero in piedi le proprie finanze con il flusso (altro gioco di carte), trionfarono col trionfetto 11, moltiplicarono i loro averi giocando a quaranta (ulteriore gioco di carte) e giocando a tarocchi non furono più ritenuti dei tarocchi, cioè dei poveri sciagurati 12.  

 

L’ultima frase, ovviamente, non si pone come una celebrazione del gioco e delle sue prerogative per migliorare l’esistenza: al contrario si tratta di un invito a rifuggirlo. La forma descrittiva è da intendersi allora più satirica, denotando la capacità dell’autore di giungere al segno scrivendo in modo opposto a quanto ci si aspetterebbe. Conclude egli infatti, nel proseguo, con queste parole: “I dadi sono come le pilole, perche fanno evacuare, e purgano la borsa, ma non la bile” 13.

 

Nel “Ripartimenzo Terzo” della sua opera De Ritratti Critici, il Frugonial Ritratto XVI dedicato al ‘Cortigiano’, così evidenzia la natura della Corte:

 

IV

 

Di quella Corte io parlo, ove si pianta

A’ frondeggiar l’adulatorio Inganno:

Ond’assai, più del ben, si coglie il danno;

E perche tutta finta in nulla è Santa 14.

 

Le Corti come ricettacoli di parassiti tesi al raggiungimento dei propri interessi personali, dove tutto è finto compresi i saluti, i baciamani e le strette di mano, dominate da intrighi, sotterfugi e maldicenze e dove il cortigiano da vero libertino sciorina tutto il suo vocabolario per ottenere udienza e consenso, tale da rendere la Corte alla stregua di un chiostro di carattere profano. Un vero e proprio labirinto da cui risulta difficile uscirne. 

 

V

Laberinto è la Corte: Eccovi ‘l Mostro

Che biforme s’appiatta entro agl’intrighi

Ne fia mai, che partir lo lasci, ò strighi,

Prigionier Libertin, profano il Chiostro 15.

 

Buona parte delle quartine sono indirizzate dall’autore a evidenziare come la Corte sia una selva di tante situazioni, ciascuna connotata attraverso una quartina di carattere negativo. Infatti, oltre a ‘Laberinto’, la corte è:

 

Mar

Selva

Corso

Grammatica

Scrima [Scherma]

Giuoco

Pietra

Tavolier

Lira

Gabbia

Galèa

Ruota

 

Questa la quartina che descrive la corte essere ‘Giuoco’:

 

XI

Giuoco è la Corte, e di Tarocchi a punto,

In cui la sorte val più de l’ingegno:

Dove un Bue d’un Lion appar più degno;

E più vicino à l’Aria hà miglior punto 16.

 

(La Corte è appunto un gioco e di tarocchi,

dove la fortuna vale più dell’intelligenza:

dove un idiota risulta essere migliore di uno bravo;

e che ha punteggio migliore quando possiede la carta dell’Aria) (1)

 

(1) Aria = Trionfo (Arcano Maggiore) nel gioco delle Minchiate Fiorentine

 

Di seguito la Corte come Ruota:

 

XVII

Ruota è la Corte in cui Fortuna è Polo,

Che non s’inchioda mai, se non con punta:

Che non mormora mai quando è bē [ben] unta: (1)

Che sbalza un Somierone in cima a volo. (2) 17.

 

(La Corte è una Ruota in cui la Fortuna siede nella cima,

che mai non si ferma, a meno che non la si blocchi:

che non dà adito a reclami quando si unge bene:

capace di lanciare alla vetta un’incapace).

 

(1) quando è bē [ben] unta = quando un Cortigiano compra la fortuna ungendo con denari o altro i potenti per essere favorito

(2) in cima a volo = porta alla cima della Ruota, in posizione felicissima 18.

 

Nel terminare il ritratto del Cortigiano e della Corte, così l’autore si esprime nell’ultima quartina:

 

XXV

Lunga è l’Arte di Corte, e ‘l Cortigiano

O’ non vive, ò di vita il filo hã corto:

Lasciam dunque costui, che puzza morto;

O’ putrido hà fetor, come mal sano 19.

 

(Assai complicata è l’arte di vivere a Corte e il Cortigiano

o non vive o vivrà per poco tempo:

lasciamolo perdere allora, che puzza già di morto;

che ha già il fetore della morte, come quelli che sono senza salute).  

 

Per concludere riportiamo un passo dalle locuzioni di Terenzio e questo per due ragioni: la prima è per sottolineare come l’autore latino consideri la vita umana al pari di un gioco di dadi, e la seconda per evidenziare come il gioco delle tessere non debba essere interpretato come il gioco delle carte, che al tempo di Terenzio non esistevano né tantomeno i tarocchi, ma dei dadi, in quanto gli antichi con il termine tessera designavano ciascuna faccia dei dadi.

 

“Nunc, cum non queo, aequo animo fero. Ita vita est hominum, quasi, cum ludas tesseris: Si illud, quod, est maxime opus iactu, non cadit, Illud, quod cecidit forte, id arte corrigas” 20.

 

Note

 

1. Si vedano Il cane di Diogene, L’Epulone del Frugoni - 1675 e I Tarocchi in Letteratura IV.

2.  De’ Ritratti Critici, Abbozzati, e Contornati da Francesco Fulvio Frugoni,

Ripartimento Secondo, In Venetia, Presso Combi, & La Noù, M. DCLXIX. [1669], p. 141 e sgg.

3. I Quattro Evangelisti raffigurati in forma animale (Tetramorfo) sono:

Matteo come uomo, simbolo dell’incarnazione di Cristo.

Luca come Toro, simbolo del sacrificio supremo di Cristo.

Marco come leone, simbolo della risurrezione di Cristo (Il Phisiologus, opera redatta ad Alessandra d’Egitto probabilmente in ambiente gnostico tra il II e il IV secolo d. C. da autore ignoto, riporta che quando una leonessa partoriva un piccolo morto era credenza che dopo tre giorni sopraggiungesse il padre che, alitando sul viso del piccolo, gli restituiva la vita).

Giovanni come aquila, simbolo dell'ascensione di Cristo.

4. L’attributo verticale dato a questa carta si riferisce al concetto platonico della nascita sulla terra delle anime di provenienza astrale. Si veda La Stella.

5. De’ Ritratti Critici, cit., p. 152

6. La Giustizia segue il Giudizio nel ‘Sermo de Ludo’ primo ordine scritto conosciuto dei trionfi. Si veda La Scala Mistica nel Sermo de Ludo.

7. Si veda Il Giudizio.

8. De’ Ritratti Critici, cit., pp. 195-196.

9. Ibidem, p. 196.

10. Ibidem, pp. 188-189.

11. Sul gioco del Trionfetto si veda Trionfi, Trionfini e Trionfetti.

12. Sul significato della parola tarocco si vedano Tarocco sta per Matto e Il significato della parola Tarocco.

13. De’ Ritratti Critici,cit., p. 190.

14. Ivi, Ripartimento Terzo, pp. 85.

15. Ibidem.

16. Ivi, p. 86.

17. Ivi, p. 87.

18. Si veda La Ruota della Fortuna.

19. De’ Ritratti Critici,cit., Ripartimento Terzo, p. 88.

20. Locuzioni di Terenzio Overo Modi Famigliari di Dire [...], Scelti da Aldo Manucci, In Vinetia, s.e., [Manuzio, Aldo, il giovane], MDLXXXV [1585], p. 144

 

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