Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

Saggi dei Soci e Saggi Ospiti

Il Castello di Malpaga

Gioco di Trionfi o Cartomanzia con i Trionfi ?

 

Andrea Vitali, agosto 2011

 

 

A Bartolomeo Colleoni (1395-1475), che aveva servito la Repubblica di Venezia in qualità di Capitano Generale, il Governo della città offrì nel 1455 la facoltà di scegliere quale dimora un castello che fosse situato al confine fra la stessa Repubblica e il Ducato di Milano, così da poter intervenire in caso di attacchi da parte degli Sforza.

 

Il Colleoni preferì invece acquistare dal Comune di Bergamo il Castello di Malpaga per 100 ducati d’oro. Con l’invenzione della polvere da sparo, poiché il castello non poteva certamente considerarsi alla stregua di baluardo difensivo, il Colleoni innalzò le mura, lo munì di un secondo fossato e ne fortificò le porte d’accesso. Per le sue truppe fece costruire abitazioni e stalle per i cavalli. In poco tempo assunse l’aspetto di una vera cittadella fortificata dominata al suo centro dalla residenza del proprietario, definita un “bello palazo” dal Marin Sanudo: “Malpaga castello habitato olim dil Cap. generalle bergamasco, nunc di Alessandro de Martinengo, conductor de 100 cavalli ne l'exercito, è quadro, à do man di fosse; la prima con mure di là et di qua, et dentro atorno é tutto stalle; poi per un altro ponte levador, con fosse di acqua, é il castello, bello palazo con camere e salle adornato; ivi è il Capitaneo retracto; à una torre dove si fa la guarda: à zardin magnifico” 1.

 

                            Castello di Malpaga

 

 

Il castello, divenuto quasi una reggia grazie all’intervento di celebri artisti di probabile provenienza borgognona che ne affrescarono stanze e saloni, divenne una specie di ‘delizia’ dove cacce, tornei, banchetti e quant’altro di piacevole erano all’ordine del giorno. È rimasta famosa, fra le altre, la visita che nel 1474 Cristiano I, Re di Danimarca, in viaggio da ‘pellegrino’ verso Roma accompagnato dal Duca di Sassonia, fece al Colleoni, il quale per rendergli omaggio gli andò incontro con 500 cavalieri. Altri celebri personaggi ospitati dal Colleoni furono Borso d’Este, Francesco Sforza e Carlo il Temerario, duca di Borgogna.

 

Dopo la morte del Colleoni, il nipote Alessandro Martinengo incaricò il Romanino e il Fogolino, famosi artisti del tempo, di affrescare la corte e il salone dei banchetti. Fu in questo periodo (1520) che la celebre visita di Re Cristiano e su quanto accadde nei giorni d’ospitalità venne immortalata nel Salone d’Onore. Un vero capolavoro. Il Romanino affrescò anche una parete del cortile con la Battaglia di Riccardina, che vide il Colleoni perseguire il suo personale sogno della ‘gloriosa impresa’ al comando di truppe estensi, pesaresi, forlivesi e in parte fiorentine contro i Medici di Firenze, alleati con gli Sforza, gli Aragonesi e i Bolognesi di Giovanni II Bentivoglio. La battaglia, passata alla storia come uno dei maggiori scontri del sec. XV in Italia, fu vinta dal Colleoni.

 

Anche se non di pregevole fattura appaiono di un certo interesse alcuni affreschi seicenteschi al piano superiore del ‘palazo’, con la raffigurazione di diverse virtù, fra cui la Temperanza, e il Tempo, quest’ultimo con ali e stampelle, secondo una versione iconografica che ritroviamo nella figura dell’Eremita nelle minchiate e nei tarocchini di Bologna.

 



                                                         Temperanza

                                                                           Temperanza, affresco, sec. XVII


                                               il Tempo

                                                                                  Il Tempo, affresco, sec. XVII


Sempre al piano superiore diversi affreschi quattrocenteschi risultano interessanti per la loro iconografia che rimanda, solo per alcuni dettagli, a elementi presenti nelle immagini dei Trionfi, anche se deve assolutamente esclusa ogni influenza diretta, come la bottega di un calzolaio che ricorda quella dell’orefice nei cosiddetti Tarocchi del Mantegna; l’allegoria di una ipotetica Venezia Trionfante seduta in trono e incorniciata nel retro da un panno in parte simile a quello che abbellisce la carta della Papessa, e la figura di un contadino il cui cappello ricorda l’otto rovesciato, simbolo  dell’infinito, che caratterizza il cappello del Bagatto di tanti tarocchi esoterici.

 


                                                                 
                                                    Calzolaio
                                                                      
                                                                      Bottega di calzolaio, affresco, sec. XV


                                              Venezia Trionfate

                                                                       Venezia Trionfante? affresco, sec. XV


                                                               Contadino

                                                                              Contadino, affresco, sec. XV


Fra le altre figure dipinte sul legno del soffitto presente nella loggia superiore, merita attenzione la quasi certa allegoria di Aristotile e Fillide 2 e l’immagine della Prudenza con una nobildonna che si guarda allo specchio.


                                 Aristotile

                                                                
                                                                  Aristotile e Fillide, pittura su legno, sec. XV


                          Prudenza

                                                                             Prudenza, pittura su legno, sec. XV


La nostra attenzione è stata soprattutto attratta da un affresco visibile in una delle stanze sempre al piano superiore, purtroppo in cattivo stato, che rappresenta nobildonne al ‘gioco’ delle carte. 


                                                        Donne con carte

                                                              Dame al 'gioco' dei Trionfi, affresco, sec. XV


Data la grandezza delle carte disegnate nei loro contorni, è lecito supporre che fossero Trionfi o un mazzo di carte ordinarie di buona qualità, forse miniate come erano le carte realizzate per le corti. Ciò che ha destato il nostro interesse è stato il fatto che solo una di queste, cioè la dama posta centralmente, è stata raffigurata con le carte in mano. Sembrerebbe che le abbia anche l’ultima donna raffigurata a sinistra di chi guarda, ma non è possibile esserne certi. 




                          Donna centrale

                                                                          Dama centrale con in mano le carte

 

Se queste dame sono state dipinte mentre giocavano è ovvio che le altre donne, poste lateralmente e leggermente dietro a quella centrale, fungevano da spettatrici. Ma se non giocavano a carte, a quale altro gioco erano intente? Diana Romagnoli, partner dell’Associazione, che ci ha accompagnato in questa visita, ha notato che la posizione delle altre carte non utilizzate e dipinte più in basso, rispecchia il modo con cui le carte venivano ‘lasciate a riposare’, cioè in forma di croce quando erano utilizzate per una lettura cartomantica. Una posizione tipica nella tradizione popolare italiana ancora a volte utilizzata. 




                                                          Carte in croce

                                                                                     Posizione delle carte a croce

 

 

L’approfondito saggio del nostro partner Ross S. Caldwell sulla storia della cartomanzia 3 in cui si attesta che fino a oggi non sono stati trovati documenti certi che quest’arte profetica fosse praticata nel XV secolo sia con mazzi di Trionfi che con sole carte numerali e di corte, ci ha condotto a lui. Siamo così stati informati che anche nel Quattrocento i giocatori di carte le ponevano in tale maniera come ci ha dimostrato prendendo come riferimento l’affresco del ciclo di Griselda, un tempo presente presso la Rocca dei Rossi a Roccabianca in quel di Parma, realizzato da un pittore parmense fra il 1470 e 1475 e ora trasferito presso la Pinacoteca del Castello Sforzesco.

 

 

Ciclo di Griselda

 

 

Ross ritiene che le carte siano state posizionate trasversalmente in quel modo per facilitare il conteggio delle prese vinte. Ogni giocatore nell’affresco di Griselda ha vinto due prese mentre alla signora spetta di giocare. Poiché ci sono due giocatori, le due carte per ogni presa, chiaramente visibili, attestano tale pratica.

 

 

Griselda particolare

 

 

Riguardo l’affresco di Malpaga, poiché sono state raffigurate tre carte per ogni presa, Ross suppone che si trattasse di tre giocatrici 4. In ogni modo, poiché la posizione delle carte risulta simile sia in ambito ludico che cartomantico, il dilemma permane.


Note

1. Marin Sanudo, Itinerario per la Terraferma Veneziana nell'anno MCCCCLXXXIII, Padova, Tipografia del Seminario, 1847, p. 82.

2. Si veda La Temperanza.

3.  Ross. S. Caldwell, Origine della Cartomanzia, in Andrea Vitali (a cura), “Il Castello dei Tarocchi”, Torino, Lo Scarabeo, 2010, pp. 163-176.

4. Ringraziamo Mauro Benedetti, partner dell'Associazione, per averci comunicato l'esistenza di questo affresco.

 

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