Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

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Semi Simbolici

Il significato dei semi nelle carte da gioco del Rinascimento

 

Andrea Vitali, agosto 2004

 

 

Provenienti in parte dall’Oriente e assunti dal mondo arabo 1, i cosiddetti Arcani Minori - attualmente composti da dieci carte numerali (dall’asso al dieci) e da quattro carte di corte (re, regina, cavallo, fante) per ciascun seme (spade, bastoni, coppe, denari) - migrarono in Europa tramite i rapporti commerciali già nel Trecento. Da vero e proprio gioco autonomo, queste 56 carte furono abbinate in seguito a un certo numero di carte speciali di carattere allegorico chiamate Trionfi.  Quando col tempo questi ultimi divennero 22, l'insieme assunse, a iniziare dall’inizio del ‘500, il termine di “Ludus Tarochorum" (gioco dei tarocchi).


Una delle prime testimonianze di provenienza non ecclesiale riguardante il significato dei semi delle carte si trova nel libretto Regulae Artificialis Memoriae di Jacopo Rangone composto nel 1434. L'opera appartiene alla vasta produzione sull’arte della memoria che vide la luce nel sec. XV (ricordiamo, ad esempio, quelle di Lodovico da Pirano, Matteo da Verona e di Pietro da Ravenna) nelle quale vennero impiegate anche le carte da gioco quali ‘imagines agentes’ per la costruzione dei personali apparati artificiali.


I libretti erano utilizzati da nobili e intellettuali del tempo, ma anche da mercanti e dalla gente comune per le più svariate situazioni inerenti alla necessità di ricordare. Nella Venezia del sec. XV, ogni patrizio, nobile o semplice cittadino, non usciva di casa senza aver ricopiato e tenuto a portata di mano le regole essenziali della memoria artificiale per assicurarsi la scioltezza necessaria nel parlare in pubblico e la chiarezza espositiva nell’agire commerciale.

 
Questi libretti erano solitamente strutturati in tre punti salienti:1) Una breve introduzione in cui si rinviava alle fonti più autorevoli, quali Cicerone, San Tommaso e Aristotele. 2) Modalità di scelta dei luoghi.  3)  Elenco delle cento immagini da utilizzare e regole specifiche sulla loro collocazione 2.

 

Già Vittorino da Feltre aveva fatto ricorso alle carte come strumento didattico, quando ai suoi allievi insegnava un alfabeto figurato “literarum formas variis coloribus pictas ad lusum chartarum”, ma fu nel Cinquecento che il gioco divenne stabile argomento per le riflessioni dei pedagogisti e dei giuristi. Ricordiamo Thomas Murner che aveva fatto ricorso a un mazzo particolare per far memorizzare ai suoi allievi le numerose leggi del diritto giustinianeo 3 e Ludovico Vives che nei suoi Colloqui, basati sulle occupazioni giornaliere dei fanciulli, prende in considerazione anche il gioco delle carte descrivendo una partita a Trionfo spagnolo come adatto passatempo per trascorrere il tempo durante le giornate uggiose 4.


Di seguito, una parte del dialogo riguardante il Trionfo spagnolo:

Lupanius: Ecce vobis fasciculos duos foliorum integros, alter est Hispaniensis, Gallicus alter.

Valdaura: Hispaniensis hic non videtur justus.
Lupanius: Quid ita?
Valdaura: Quoniam desunt decades.
Lupanius: Non solent illi habere, ut Gallici; chartae enim Hispanae, quemadmodum et Gallicae in quatuor sunt genera, seu familial divisae. llispanae habent aureos nummos, carchesia, baculos, enses. Gallicae corda, rhombulos, trifolia, vormerculos, seu palas, seu ascicula. Est in quaqua familia Rex, Regina, eques, monas, dyas, trias, quaternio, pentas, senio, heptas, ogdoas, enneas. Gallicae habent etiam decades et Hispani aurei et carchesia potiora sunt pauciora, contra enses et baculi. Gallis autem plura sunt semper meliora.
Castellus: Quo lusu ludemus?
Valdaura: Triumpho Hispanico. Distribue.
Castellus: Quomodo? A sinistra in dexteram more belgico, aut contra Hispano more a dextera in sinistram? 5.
 

Ritornando alle Regulae artificialis memoriae, occorre osservare come l'interpretazione simbolica dei semi da parte di Ragone sia molto letterale: i denari corrispondono ai soldi, le spade alle spade stesse, le coppe ai contenitori necessari per bere e i bastoni agli stessi bastoni. Di seguito, il passo riguardante le immagini da associare alle carte per mandarle a mente, nel volgarizzamento del testo latino del Rangone scritto nel 1466 da Francesco Lusìa, notaio di Feltre: “Adesso vederai una altra regola zoè de recitar el zuogo de le carte el qual in molte cosse porà a la tua signoria esse utille a vedere. Primo fa mistier si como el ditto zuogo de le carte è partido in quatro par­te zoè denari coppe spade e bastoni. Cusí a ti troverai quatro persone le quale convegna egregiamente cum li ditti zuoggi zoè per lo zuogo dehi de­nari. Elezerai a ti uno el qual habia de molte richeze over alguno cambiadore el qual habunde de multi denari. Como seria exempli gratia per uno grande richo Cosma [Cosimo] dehi Medici, over uno altro de si fata sorte se non cognosessi el ditto Cosma. Maximamente per lo zuogo de le spade toi uno famoso maestro de arte de scrimia de spada. Ma per lo zuogo de le coppe alguno famoso bevedore over inviziagone. Per lo zuogo dehi bastoni torai algun grande homo al qual tu metti un grande bastone in mano. Et cusi similemente meterai suso la schena del sopra ditto richo per lo zuogo dehi denari multi sachi pieni de denari. Ma quello el qual tu meterai per lo zuogo de spade mittige una grande spada in man. A quello veramente bevedore over inviziago mittige una coppa d'oro in man plena de vino sì fattamente che sopra el node" 6


Per tutti coloro che avessero incontrato difficoltà nel decifrare alcuni passi del documento, forniamo di seguito una sua traduzione: "Adesso ti spiegherò un’altra regola, cioè quella del gioco delle carte, la quale, una volta appresa, potrà esserti utile in molte cose. In primo luogo, impara come questo gioco delle carte sia diviso in quattro parti, cioè denari, coppe, spade e bastoni. Così troverai quattro persone che egregiamente potranno adattarsi a questi giochi, cioè per il gioco dei denari sceglierai uno che abbia molte ricchezze oppure qualche commerciante che abbondi di denari. Sarebbe esempio perfetto, per un grande ricco, Cosimo de’ Medici oppure un altro di siffatta sorte nell’eventualità tu non conoscessi il nominato Cosimo. Massimamente per il gioco delle spade immaginerai un famoso maestro dell’arte della scherma. Ma per il gioco di coppe qualche famoso bevitore ovvero un vizioso del bere. Per il gioco dei bastoni ti immaginerai un grande uomo al quale metterai un bastone in mano. E così ancora, per il gioco dei denari, metterai sopra la schiena del ricco sopracitato molti sacchi pieni di denari. Ma a quello che tu hai scelto per il gioco delle spade mettigli una spada in mano. A colui che è veramente bevitore ovvero vizioso del bere, mettigli in mano una coppa d’oro piena di vino facendo in modo che la tenga da sopra il nodo”.


In pratica, per la memorizzazione dei semi, si suggeriva di ricorrere a un personaggio famoso e ricchissimo per quanto riguarda i denari, a un celebre maestro di scherma per le spade, a un noto bevitore per le coppe e a un uomo nerboruto con in mano un grande e grosso bastone per i bastoni.


Una stessa valutazione simbolica dei semi è presente nel trattato sull'ars memoriae di Matteo da Verona laddove fornisce indicazioni sulle immagini da abbinare alle carte: "Immagine delle carticelle. L'immagine del re di spade è una corona con la spada, l'immagine del cavallo è una spada con un cavallo, l'immagine del fante è una spada con un piede, l'immagine dell'uno di spade è una spada con l'immagine dell'uno,…e così si proceda fino alla fine. L'immagine del re di bastoni è una corona con un bastone, l'immagine del re di denari è un sacco pieno di denari con una corona e così via" 7.

In alcune occasioni le carte numerali e i personaggi delle carte di corte servirono anche da elenco per mandare alla mente e quindi per ricordare situazioni e personaggi della storia del Cristianesimo. Un esempio in tal senso è offerto dalla composizione, in rima o in forma di narrazione, Le Dodici Parole della Verità come si ritrova nelle tradizioni popolari europee 8


Procedendo nella disamina, risulta difficile, se non impossibile, conoscere il reale significato dei semi delle carte attraverso le descrizioni degli uomini di quel tempo, dato le diversità interpretative che ci hanno lasciato. Nell’opera Bizzarrie Accademiche di Giovan Francesco Loredano, troviamo discorsi e versi che furono letti e recitati presso l’Accademia degli Incogniti, fondata dal Loredano stesso. Fra questi, il discorso Che moralità si può cavare dal giuoco delle carte, dove l’autore si intrattiene sul vizio del gioco delle carte e sulla sua perniciosità. Al termine egli compie una digressione sui semi che così descrive: “Si può dire, che nel giuoco delle carte s’intendano le quattro Stagioni dell’Anno. Le Spade indicano la Primavera, nella quale tutti i Prencipi muovono l’armi. I denari figurano l’Estate, nella quale si raccolgono i grani, e l’entrate. Le coppe ripiene di vino significano l’Autunno. I bastoni sono simbolo del Verno, perché gli alberi del Verno sono nudi à guisa di bastoni. Tanto più, che nel Verno sono necessari i bastoni per iscaldarsi” 9.

 

Nel Giuoco del Re tratto dal Giuoco delle Carte descritto da Innocenzo Ringhieri nel suo trattato intitolato Cento Giuochi liberali e d’Ingegno, i semi sono abbinati alle quattro virtù morali e cioè le Coppe alla Temperanza, le Colonne (i Bastoni) alla Fortezza, le Spade alla Giustizia e gli Specchi (i Denari) alla Prudenza 10.

 
Una stessa concezione, con tre abbinamenti diversi, si trova nell’opera del Loredano, dove viene spiegato che nel gioco delle carte si trovano le quattro Virtù principali: “Ne i denari s’intende la Giustizia, che suum unicuique tribuit (che a ciascuno dà il suo). Nelle coppe la Temperanza. Ne i bastoni la Prudenza. Che però si figurava da gli Egitij con un occhio sopra una verga; e nelle spade la Fortezza” 11.


L’Aretino nel suo scritto Le Carte Parlanti del 1543 ci parla dei significati dei semi che fa derivare dalla natura del gioco stesso. L’opera, strutturata sotto forma di dialogo fra carte "parlanti" e un amico dell’autore, certo Padovano famoso a Firenze come disegnatore di carte, risulta di estremo interesse per comprendere la mentalità dei giocatori di quel tempo. Di seguito si riporta il passo dove le carte dichiarano il loro significato:

 

PADOVANO: Prima che si cammini più oltre, perdonimisi il mio richidervi con la richiesta de i cuiusfigure (1), e poi dicamisi ciò che in voi significano i re.
CARTE: La lealtà che si conviene al giocatore.
PAD: I cavalli?
CAR: La fuga e il corso di chi lascia e di chi tiene le poste.
PAD: I fanti?
CAR: La servitù, che si richiede nel giuoco
PAD: Le spade?
CAR: La morte di quegli che si disperano giocando.
PAD:  I bastoni?
CAR: Il castigo che meritano coloro che ingannano.
PAD: I danari?
CAR: La sustanzia del giuocare.
PAD: E le coppe?
CAR: La bevanda con cui si riconciliano le questioni de i giocatori.
PAD: Da che in Italia si giuoca con le carte francesi (2), chiaretemi (io ve ne supplico) ciò che dinotano, tra sì fatte nazioni i cappari. (3)

CAR: La loro insalata aguzza lo appetito a i bettolanti.

PAD: E i quadri?
CAR: La fermezza di chi carteggia.
PAD: E i cori?
CAR: La volontà di pigliarci in mano.
PAD: E i fiori?
CAR: Il piacere del dir buono 12.

 

(1) cuiusfigure = sputasentenze, plurale di ‘cuius’, sentenza, massima, motto, tratto dal linguaggio giuridico

(2) carte francesi = mazzo con cuori, quadri, fiori e picche per semi

(3) cappari = I capperi. La loro somiglianza con le picche ha fatto sì che questo seme sia conosciuto con tale termine


Più avanti nell’opera, l’Aretino parlerà anche dei semi presenti nei mazzi tedeschi:

 

CAR: …ne le carte loro [dei Tedeschi, n.d.r], oltra i fiori e i cuori a la francese, hanno i sonagli e le ghiande. (1)
PAD: Perché quegli? E perché queste?
CAR: Le ghiande significano la poca cosa, che basta a sustentare le fami de la natura, la quale in principio nutrì la generazione umana di cotal cibo.
PAD: E i sonagli?
CAR: Essi, che si mettono a le gambe dei matti, dinotano la stoltizia di coloro che si affaticano in accumulare le ricchezze guardate dai cuori di quegli, che non sanno che elle sono, come fiori, caduche 13.

 

(1) ghiande = nei semi tedeschi il campanello ‘scheller’ corrisponde agli ori (danari) italiani e le ghiande ‘blatter’ ai bastoni

 

San Bernardino in un suo famoso sermone dal titolo ‘Contra alearum ludos’ contenuto nel Quadragesimale de christiana religione (c.1430-1450) denunciò i giochi d’azzardo per essere stati inventati dal demonio al fine di contrastare il potere divino al fine di inviare le anime dei giocatori all’Inferno. I semi e le figure delle carte vengono dal santo accumunati a vizi e a tremende nequizie: “… denarii avarizia, baculi stultitiam, seu caninam saevitiam, calices, seu cuppae ebrietatem & gulam, enses odium & bella, Reges atque Reginae praevalentes in nequitiis supradictis; Milites etiam inferiores & superiores luxuriam, & sodomiam aperta fronte proclament” 14 (i denari all’avarizia; i bastoni sia alla stoltezza che alla ferocia canina [aggressiva crudeltà]; le coppe all’ubriachezza e al vizio della gola, generanti odio e guerra; le potenti figure dei Re e delle Regine alle sopracitate nequizie; anche i soldati superiori [i cavalieri ] e inferiori [i fanti] apertamente gridano ad alta voce la loro lussuria e sodomia).


Dal manoscritto Sermo perutilis de ludo datato fine sec. XV o primissimi anni del successivo, altrove citato 15, riportiamo il passo in cui l'autore, un monaco rimasto anonimo, spiega i significati dei quattro semi interpretati sulla base della convinzione, largamente diffusa negli ambienti ecclesiastici in seguito all'affermazione di San Bernardino, di un’origine diabolica dei giochi di carte. Al testo originale fa seguito la traduzione in italiano.


De secundo ludorum genere scilicet cartularum dico quod si lusor cogitaret quod in cartulis significatum est, forte ab eis cavaret. Nam in cartulis quadruplex differentia est.
Sul secondo genere di giochi, quello delle carte, dico che se il giocatore pensasse a ciò che è rappresentato nelle carte, se ne guarderebbe bene. Nelle carte, infatti, vi è una quadruplice differenza.


Ibi nam sunt denarii per manus lusorum discurrentes. Et hoc significat instabilitatem pecunie in lusore, quia debes cogitare, quando intras in ludum, quod denarii tui ibunt in malam horam eo quod perdes.

Qui, infatti, ci sono le Denari che scorrono dalle mani dei giocatori. E questo significa instabilità dei denari nel gioco, poiché devi meditare, quando cominci un gioco, a chi nella sfortuna andranno i denari che perdi.


Sunt et Cuppe ad ostendendam paupertatem ad quam ita deveniet lusor,  quod carens cypho ad bibendum utetur cuppa.

Ci sono le Coppe a mostrare la miseria cui giunge in tal modo il giocatore, che mancando il cibo userà per bere una coppa.


Sunt et bastoni. Lignum est arridum ad insinuandam siccitatem divine gratie in lusore. Sunt postremo et enses ad declarandum brevitatem vite lusoris quia plerumque occidunt.

Ci sono le Bastoni. Il legno è arido per rappresentare la siccità della grazia divina nel giocatore. Infine, vi sono anche le Spade a dichiarare la brevità della vita del giocatore perché per di più uccidono.


Nullum enim genus peccatorum est ita desperatum sicut lusorum. Quando perdit et non potest habere desideratum punctum, cartulam, vel triumphum, percutit crucem in denario, blasfemando Deum vel sanctos, cum rabie projicente taxillos dicendo suipsomet 'Che me sia moza la mano'. Facillime irascitur socio ridenti, et continuo in contumelias surgit et percutiunt...

Infatti, nessun genere di peccatore è così disperato come un giocatore. Quando perde e non può avere il punto desiderato, che sia carta, o trionfo, percuote la croce nel danaro, bestemmiando Dio e i santi, con rabbia scaglia i dadi dicendo a sé stesso 'Che mi sia mozza la mano'. Facilmente s’arrabbia alle risa dell’avversario, si insultano in continuazione e si picchiano....


Ritenendolo interessante, riportiamo un passo della commedia Intrighi d’Amore di Torquato Tasso 16 il quale, a mo' di freddura, definita in tal modo da un interprete della commedia, abbina i semi delle carte a quattro distinti personaggi in base al loro luogo di provenienza.

 

Intrighi d’Amore

Atto V - Scena Seconda


Personaggi:

 
Gialaise
: Napoletano
Magagna: servo di Cornelia
Flamminio: innamorato di Ersilia, che si trova poi suo fratello
Cammillo: che sarà Persio, figlio di Cornelia, e di Alberto
Ersilia: figliastra di Alessandro, e di Cornelia, innamorata di Cammillo

 
Gia
. Tu te ries?
Mag. Come non volete, che io rida, se avete primiera, e non tirate?
Gia. Que trampas son estas, que dizes?
Mag. 
Non son trampe altramente, ma è così con effetto. Ditemi un poco:per far primiera, non bisogna, che siano quattro carte diverse?
Già. Yansi es.
Mag. Or voi non siete quattro di nazioni diverse? Spagnuola, Barbara, Italiana, e comune?
Già. Yo no intiendo.
Cam. Nè meno io.
Flam. Nè meno io: dichiarati presto, bestia.
Mag. Mi dichiaro. L’invittissimo Capitano è Spagnuolo, e significa Spade: il Moro, Barbaro, ed è Bastone: Il Sig. Flaminio Romano, ed in Roma, battendosi moneta, farà Denaro: ed il Sig. Cammillo, non sapendo la patria sua, è comune, e sarà Coppe.
Flam. Che freddure son coteste? Risolviti a dir la verità, se non che t'uccido.
Già. Mattad est vellacco.
Cam. Uccidasi senza remissione.
Mag. Tre contro uno? e che male ho fatto io? Aspettate, quanto penso poco, poco.
Ers. Oimò! Magagna or ora mi scuopre; ma avendo io adesso la comodità, vò partirmi pian piano, levandomi il tinto del volto, procurate una barba posticcia, e sotto altro abito da non farmi conoscere.
Flam. Non hai ancor pensato? Dì, dì, dove sta Ersilia?
Mag. Lasciatemi finir di grazia, e poi fate di me quel, che volete voi. Io diceva, che lo Spagnuolo è Spade, Flamminio Denaro, e Cammillo Coppe: per far la primiera, che cosa ci manca?
Flam. Bastone.
Mag. Il Moro è bastone, ecco primiera; tiratela,e tenetela.
Flam. E dove sta il Moro?
Cam. Si è già partito.
Mag. Or pigliate un bastone, e datevi l’un l’altro, sciocchi, e insensati, che siete. E' possibile, che niuno di voi intenda l’artificio mio, che mentre dicevo, avete primiera, e non tirate, volevo intendere avete Ersilia, che va sotto abito di moro, per servire all’inconosciuta l'amante suo crudele: e non la pigliate?

 
Nel 1720, il francese Padre Daniel, sostenitore della nascita dei tarocchi anteriore al 1430 (tesi con la quale ci troviamo in perfetta sintonia), oltre che della derivazione degli Assi dalla monetazione latina 17, scrisse: "I danari esprimono quel ch’à nerbo della guerra; i fiori o trifoglio i foraggi che ogni buon capitano deve procacciare in abbondanza; le picche e i quadri, le armi offensive e difensive; i cuori il coraggio".

 

Inoltre, ipotizzò i nomi degli eroi rappresentati in ciascuna figura: "I re: David, Alessandro, Cesare, Carlo Magno; le regine: Argene, Ester, Giuditta, Pallade; i fanti: Ettore, Orgiero (e non chi altri)" 18.

 

Nella Francia del XV secolo il pittore Jacquemin Gringonneur inventò un mazzo di carte particolare: "Argine, la donna di fiori, è l'anagramma di Regina, cioè la regina Maria d' Angiò, moglie di Carlo VII; Rachele, la donna di quadri, era Agnese Sorel; la donna di picche, sotto il nome di Guerriera Pallade, accennava alla pulcella d'Orléans, mentre Isabella di Baviera era rappresentata dalla donna di cuori, col nome di Imperatrice Giuditta. In David, che era il re di picche, si riconosce facilmente Carlo, perseguitato da suo padre, come David da Saulle. I quattro valletti Ogier, Lancelot, Lahire ed Ettore sono personaggi storici. Tutte le altre Carte, dal dieci in poi rappresentavano i soldati, ed anche i colori erano emblemi militari. Per cuore, si deve intendere valore; picche e quadri, le armi; fiori, i foraggi che si debbono avere in vista quando una truppa si accampa. Si pretende pure che l'asse fosse il simbolo delle finanze, le quali sono il nerbo della guerra; diffatti esso era il nome di una moneta fra i Romani, e da questi chiamato pure asse tutto il patrimonio posseduto da un cittadino: quindi abbiamo viva ancora fra noi la parola: Asse ereditario" 19.


Note


1. Il mazzo dei Mamelucchi era composto da circa 52 carte divise in quattro semi: daràhim (denari), tùmàn (coppe), suyùf (spade), jawkàn (bastoni da polo), ognuno formato da 13 carte di cui dieci numerali e tre figure: il re, il viceré e il sotto-deputato. Poiché il Corano vietava di ritrarre le persone, le carte riportavano solo disegni astratti corredati da una didascalia con il nome degli ufficiali dell’esercito. Al Topkapi Sarayi di Istambul è conservato un mazzo mamelucco di 56 carte, ritrovato nel 1939, detto Muluk-wa-Nawwab, la cui datazione risale al XV secolo. Quando giunsero in Occidente, le carte arabe vennero chiamate con il nome arcaico ‘nàib, derivato dall’arabo a indicare il deputato o viceré delle carte mamelucche.

2. Per immagini si deve intendere quelle figure che venivano costruite mentalmente in abbinamento a persone, cose o situazioni da ricordare. Le immagini venivano mentalmente poste di seguito in specifici luoghi (loci) suddivise per argomenti (ad esempio, una stanza adibita a biblioteca con tanti cassetti deputati ciascuno a uno specifico argomento). Una volta sopraggiunta la necessità di ricordare qualcosa di particolare, con la mente si riandava ai loci dove erano state deposte le informazioni. Per uno studio attento sulla storia e sui principi dell’arte della memoria si veda: P. Rossi, Clavis universalis: arti della memoria e logica combinatoria da Lullo a Leibniz, Bologna, 1988. 

3. Chartiludium Institute Summariae, c. 1502, in volume, 1518. Il mazzo, che rappresenta il più antico esemplare conosciuto di carte istruttive, era composto da 121 carte, dieci per ognuno dei dodici colori, più una carta conclusiva. I dorsi presentavano gli stemmi delle dodici più importanti cariche imperiali: l’Imperatore, i sette Principi elettori, i Duchi di Svevia, Brunswick, Baviera e Lorena. I dodici colori, senza connessioni con i Principi e gli stati, presentano: sonagli, pettini, ghiande, cuori, corone, mastelli, campane, mantici, altro tipo di sonagli, scudi, pesci e scuri. Il gioco del tipo ‘botta e risposta’ prevedeva che lo studente riportasse il paragrafo delle Istituzioni cui alludeva la carta che gli era stata mostrata

4. Colloqui, composti dal Vives per il giovine Filippo II di Spagna, furono pubblicati a Basilea nell’Opera Omnia (1555). Sul Triumpho Hispanico si veda Trionfi, Trionfini, Trionfetti

5. Colloqui di Gio. Lodovico Vives Latini volgari, In Venezia, Presso Gio. Antonio Pezzana, 1779: Ludus chartarum, seu foliorum, cc. 231-248.

6. Lucia Nadin mette in evidenza lo scarto esistente tra il testo latino di Ragone e il suo volgarizzamento: «Il primo recita: Num vide bis aliam regulam, id est recitandi ludum cartarum qui multis in rebus poterit tue damnationi, usui et utilitati esse. Lusìa trascura il termine dannazione e dice “Adesso vederai una altra regola zoè de recitar el zuego de le carte el qual in molte cosse porà a tua signoria esse utille a vedere”: conserva dunque solo quello relativo alla utilità. Probabile nel primo caso da parte di Ragone, maestro di scuola, un certo scrupolo nel proporre il ricorso alle carte da gioco, ancora a quell’altezza temporale spesso demonizzato dagli uomini di chiesa, come insegnano i ripetuti anatemi di san Bernardino da Siena; scrupolo che scompare nel più tardo e privato volgarizzamento di Lusìa». Lucia Nadin, Carte da Gioco e Letteratura, Lucca, 1997, p. 19.

7. Matteo da Verona, Regulae artificialis memoriae, s.d., [sec. XV], c. 198v.  
8. Sull'argomento si veda Le Dodici Parole della Verità. 

9. Gio: Francesco Loredano, Bizzarrie Accademiche, Parte Prima, In Venetia, Appresso li Guerrigli, M.DC.LXII  [1662], p. 16. Primo anno di pubblicazione 1638. 

10. Innocentio Ringhieri, Cento giuochi liberali, et d'ingegno,  In Vinegia, Per Giovan Maria Bonelli, M.D.LIII  [1553], p. 100.

11. Gio: Francesco Loredano, cit, p. 15.

12. Giovanni Casalegno e Gabriella Giaccone (a cura), Pierto Aretino, Le Carti Parlanti, Palermo, Sellerio Editore, 1992, pp. 102-103.

13. Ibidem, pp. 152-153.

14. Sermo XLII, Cap. II. 

15. Si veda Il Teatro de' Cervelli -1585

16. Edizione di riferimento: Delle Opere di Torquato Tasso, Volume Quinto, In Venezia, Appresso Steffano Monti e N.N. Compagno, 1735, p. 318.
17. Sull'ipotesi della provenienza latina dei semi delle carte si veda L'origine degli Assi.

18. Padre Daniel, Origine du jeu de piquet, trouvé dans l’histoire de France, in “Journal de Trevoux”, maggio 1720. Citato da Cesare Cantù, Storia Universale, Volume X, Epoca XI, Torino, 1842, pp. 221-222.

19. Carlo Morbio, Francia ed Italia, ossia i Manoscritti Francesi nelle nostre Biblioteche, Milano, Tipografia del R. Stabilimento Ricordi, 1873, p. 231.
  
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